Società

Le mense tornano a riempirsi, ma sui risultati dei gestori pesano i costi elevati

La ristorazione collettiva italiana ha superato i 4,4 miliardi di euro di fatturato nel 2023, con il 50% attribuibile ad appalti con enti pubblici. Un settore che, nonostante abbia recuperato i valori pre pandemia e mantenuto invariato il livello occupazionale, ha visto un’erosione significativa dei propri margini d’impresa, con un risultato operativo diminuito del 69% rispetto al 2018. È quanto emerge dall’analisi di Nomisma “Sfide e Opportunità per la Ristorazione collettiva in Italia” realizzata per Oricon.

Il comparto, che conta mille aziende e impiega 100mila addetti (di cui l’80% donne), garantisce ogni anno 780 milioni di pasti a un prezzo medio di 5,7 euro, che scende a 5,3 euro nella ristorazione scolastica. Ma questi numeri nascondono una realtà complessa, caratterizzata da «crescenti richieste cui il settore deve rispondere, anche in termini di sostenibilità ambientale e sociale» che si traducono in «una continua erosione dei margini d’impresa, soprattutto nei segmenti in cui la quota di appalti pubblici è più elevata», come evidenzia lo studio Nomisma.

Carlo Scarsciotti, presidente dell’Osservatorio ristorazione collettiva e nutrizione (Oricon), durante il convegno “Ristorazione collettiva: un settore strategico tra pressione normativa e opportunità di crescita” tenutosi a Roma, ha messo in luce una delle principali problematiche: «Ciò che ha creato forse i maggiori problemi è stata la troppa attenzione, espressa in modo frammentato spesso eterogeneo: e mi riferisco alla disorganicità degli interventi regolatori, leggi, decreti ministeriali, linee di indirizzo ed altro, nei quali la ristorazione collettiva venga solo percepita come un mercato di sbocco, a portata di mano, orientabile, preferenziale, organizzato, costante».

Il rapporto Nomisma evidenzia come il settore abbia subito un aumento dei costi per le materie prime alimentari (+19% dal 2018) e per l’energia (+37% carbone, +36% gas naturale, +28% petrolio), senza poter adeguare proporzionalmente i prezzi a causa delle rigidità del quadro normativo. In particolare, lo studio sottolinea come il sistema imponga «quantità e qualità delle materie prime da utilizzare, ma non contempla un totale adeguamento dei prezzi a carico delle Pubbliche Amministrazioni in caso di significativi aumenti dei costi». Alberto Luigi Gusmeroli, presidente della Commissione Attività Produttive della Camera, intervenendo all’evento Oricon, ha sottolineato che «la qualità si paga» e ha proposto l’istituzione di «un’autorità che determini il rapporto qualità-prezzo».

Dalla ricerca condotta da Ipsos per l’Osservatorio Cirfood District emerge comunque la dimensione di welfare e servizio essenziale per la comunità svolto dalle mense. Lo studio “Pausa pranzo: abitudini e necessità di chi lavora” mostra che il 76% dei lavoratori considera la ristorazione aziendale uno strumento concreto per il benessere, la qualità della vita e la socializzazione. Inoltre, il 58% dei lavoratori che non dispone di una mensa aziendale ne auspica l’introduzione, percentuale che sale al 67% tra gli under 35. «Negli ultimi anni, la ristorazione aziendale ha visto un importante sviluppo, frutto di una rinnovata attenzione delle persone verso una nutrizione sana e, al contempo, verso servizi di welfare che sappiano tenere insieme benessere, socializzazione, conciliazione vita-lavoro e sostenibilità», ha affermato Alessio Bordone, group chief sales officer Cirfood, azienda che ogni giorno serve oltre 100mila lavoratrici e lavoratori.


Source link

articoli Correlati

Back to top button
Translate »