Le illusorie sirene della deregolamentazione
Deregolamentazione o semplificazione? I falchi americani vorrebbero la prima, le colombe europee la seconda. L’analisi economica è tutta a favore delle colombe, ma gli incentivi politici dei falchi, inclusi esponenti della Fed, sono molto forti.
Il miglior punto di partenza è prendere a prestito le parole che il Governatore Fabio Panetta ha utilizzato nelle sue ultime Considerazioni Finali per analizzare cosa sta accadendo: «Con l’insediamento della nuova amministrazione statunitense è emerso un orientamento favorevole alla deregolamentazione del settore bancario e finanziario».
Negli Stati Uniti l’arrivo di Trump alla Casa Bianca ha segnato il ritorno prepotente della cosidetta deregolamentazione. La deregolamentazione si impose negli Stati Uniti – ma non solo – come approccio dominante al disegno delle regole finanziarie a partire dagli anni Ottanta, e si fondava su un assioma: i mercati tendono ad essere efficienti, quanto più ogni singolo operatore si muove in una architettura delle regole che gli consente di sfruttare al meglio le sue capacità cognitive, essendo lui in possesso del miglior patrimonio informativo a disposizione. Per dirla con un consumato ritornello: chi meglio del banchiere conosce cosa significa far banca?
Per cui la regolamentazione ideale – a cui si diede il rassicurante nome di “prudenziale” – divenne quella per cui basta individuare gli opportuni coefficienti di capitale e di liquidità . Così venne smantellata la tradizionale regolamentazione strutturale – che veniva al contrario stigmatizzata con l’appellativo di «repressione finanziaria» – per costruire una architettura delle regole che, per dirla con le parole del Presidente della FED Alan Greenspan del 2002, si era convinti avesse prodotto «un sistema finanziario molto più efficiente, ed allo stesso tempo più resiliente, di quello esistente venticinque anni fa». Insomma, si realizzava il sogno di ogni supervisore: creare regole che producono allo stesso tempo più efficienza e più stabilità.
La Grande Crisi Finanziaria scoppiata nel 2008 mostrò empiricamente che il sogno era in realtà una illusione, pericolosa in quanto basata su un assioma errato: non è vero che le scelte del banchiere siano sempre razionali, come non è vero che il suo patrimonio informativo sia sempre il migliore. Eppure oggi la deregolamentazione è tornata. La ragione è sempre la stessa: nei politici e nelle burocrazie può nascere l’incentivo di utilizzare le regole finanziarie pensando al consenso di breve periodo. Quando poi il ricordo di una Grande Crisi scompare dalla memoria dei cittadini, ecco le l’opportunismo politico e burocratico può con più facilità ricomparire sulla scena. Per cui la deregolamentazione finanziaria po’ tornare ad essere la parola d’ordine non solo nelle file del partito repubblicano, ma anche nelle parole di esponenti della FED, quale è ad esempio Michelle Bowman, nuova vice presidente della FED proprio per la supervisione.
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