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Lavoro, l’ex ministro Damiano: “Con Meloni cresce un’occupazione malata. Le colpe? Anche del centrosinistra neoliberista”

“È vero che l’occupazione è in crescita e il tasso di occupazione è alto, ma se analizziamo i dati ufficiali scopriamo anche altro: l’occupazione è in aumento dalla fine della pandemia per tutti i paesi europei, e l’Italia è il paese che sta facendo peggio. Tutti accelerano più di noi, anche la Spagna ci ha superato nella classifica dei paesi più occupati. In questo periodo, infatti, in Spagna hanno creato il doppio dei nostri posti di lavoro”. Così, ai microfoni di Battitori Liberi, su Radio Cusano Campus, Cesare Damiano, ex sindacalista della Fiom, già ministro del Lavoro e della Previdenza del secondo governo Prodi e attualmente presidente dell’Associazione Lavoro & Welfare, commenta i numeri vantati da Giorgia Meloni sull’occupazione.
L’ex ministro ricorre a una metafora, paragonando i paesi europei a 27 ciclisti che devono tagliare il traguardo: “L’Italia pedala e accelera, ma la Spagna accelera più dell’Italia, la Germania ancora di più. Tutti accelerano e più dell’Italia, tant’è che l’ultimo dato rivela una semplice verità: noi, pur accelerando e avendo più occupati, siamo scesi al fondo della classifica per quanto riguarda il tasso di occupazione”.

E spiega: “Il governo spagnolo, a differenza di quello italiano, ha messo delle regole che favoriscono incentivi per l’assunzione, soprattutto a tempo indeterminato e incoraggiano una dinamica produttiva che è superiore alla nostra. Infatti, come rivela il rapporto del Cnel, l’anomalia in Italia è che l’occupazione aumenta a una certa velocità, ma il Pil aumenta a una velocità inferiore. E quindi è evidente che la qualità del lavoro non c’è. Qui nessuno parla mai delle ore lavorate, ma col governo Meloni le ore lavorate diminuiscono, quindi cresce un’occupazione scadente“.

Damiano cita una ricerca realizzata dalla sua associazione: “Dal 2008 al 2024 c’è stato uno spostamento strutturale dei lavoratori da settori sicuri come quello manifatturiero (chimici, tessili, metalmeccanici), a settori con contratti scadenti e saltuari come quello dei servizi (ristorazione, alberghi, pulizie), afflitti da subappalti di subappalti: la manifattura è scesa di 19 punti, i servizi sono saliti di 6 punti. Tutto questo è perdita d’acquisto, cioè aumenta l’occupazione, ma è un’occupazione malata, tant’è che, per quanto riguarda l’occupazione femminile e giovanile, noi siamo agli ultimi posti con 15 punti in meno rispetto alla media europea. Aumenta il lavoro povero e il salario ha perso il potere d’acquisto“.

L’ex ministro spiega le ragioni sull’impoverimento crescente del lavoro in Italia: “Parte della colpa è sicuramente del neoliberismo. Io sono notoriamente antiliberista e sono sempre stato contrario alla globalizzazione senza regole, rea di aver portato nell’Occidente capitalistico a un impoverimento e a una diminuzione del ceto medio. Io sono di una vecchia generazione – continua – negli anni ’70 ero già sulle barricate a Mirafiori come dirigente della Fiom. E quell’operaio che negli anni ’90 stava alla catena di montaggio e guadagnava 2 milioni di lire, cioè gli attuali 1000 Euro, era ceto medio, perché con quei 2 milioni di lire quell’operaio aveva la possibilità di mantenere una famiglia di 4 persone. Oggi quel ceto medio è sceso nel campo della proletarizzazione“.
E sul lavoro giovanile, puntualizza: “Abbiamo un tasso di occupazione fra i 15 e i 24 anni che è del 19%, in Germania è del 50%. Poi ci lamentiamo che non si trova la manodopera, ma se i giovani hanno imparato un lavoro o hanno avuto la fortuna di laurearsi, di conoscere una lingua, di avere degli strumenti contrattuali, è ovvio che se ne vanno dove li pagano 3 volte rispetto a quello che prenderebbero qui. E questo naturalmente è un danno per il paese”.

Damiano, infine, commenta le parole pronunciate da Mario Draghi in audizione al Senato sulla contrazione dei salari (“Abbiamo contratto i bilanci pubblici e compresso i nostri salari, perché in quegli anni pensavamo che eravamo in competizione con gli altri Paesi europei e tenevamo i salari bassi come strumento di concorrenza”): “Con quel ‘noi’ intendeva i governi, compresi quelli di centrosinistra. Diciamolo con franchezza: io sono un antiliberista, ma una parte della sinistra, cioè quella più moderata che guardava al centro, ha sposato a livello mondiale politiche di stampo neoliberista – prosegue – Lo hanno fatto Clinton, Blair, Renzi. All’epoca del Jobs Act, io ero presidente della Commissione Lavoro alla Camera e, quando facemmo le conclusioni, misi una clausola: io ti approvo la legge, solo se c’è il reintegro del lavoro in caso di licenziamento illegittimo. Il governo Renzi non ne tenne coto e adesso abbiamo la Corte Costituzionale che giustamente ha stracciato quella legge che è stata fatta da un governo di centrosinistra“.

E conclude: “Ma quando tu a un operaio rendi più debole la difesa dal licenziamento, secondo te, quell’operaio guarda a sinistra o si rifugia nel populismo e nella demagogia? Quindi, anche noi abbiamo le nostre colpe. Però abbiamo fatto anche delle cose molto buone. Ad esempio, come ministro del Lavoro ho stabilito un principio fondamentale, che sembrava bestemmia all’epoca: quando un lavoro è flessibile deve costare di più, quando è stabile deve costare di meno”.


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