Lavoro e Gen Z? meno soldi, ma più consapevolezza
22.06.2025 – 08.41 – Se hai tra i 25 e i 30 anni e nel 2025 ti senti un po’ più povero rispetto a qualche anno fa, non è solo una questione di sensazioni, ma di statistiche. Ebbene sì, i giovani italiani di oggi guadagnano in media il 3,5 per cento in meno rispetto ai loro coetanei nel 2021. A confermarlo, il recente report social presentato dalla pagina ufficiale Instagram di University Network, che ha accesso ben più di una discussione tra gli utenti del web. Le regole del gioco sono sempre le stesse: stessa età, stessi titoli di studio, ma con meno vite, molti più ostacoli, e soprattutto, stipendi più leggeri. Nel 2014 si pedalava su un sentiero senza troppe buche, nel 2021 a malapena ci si manteneva in equilibrio.
Nel 2024? Ci si schianta. Lo racconta il meme presentato dalla community, che esprime e sintetizza meglio di qualsiasi editoriale quello che è lo stato attuale del mercato del lavoro per i giovani. Le nuove generazioni all’apparenza sembrano sabotarsi da sole, ma la vera realtà dei fatti è un’altra: cercare di sopravvivere a un sistema tossico e in ritardo.
I motivi potrebbero essere, anzi sono, moltissimi, ma la spiegazione potrebbe rivelarsi più facile e breve del previsto: prima la crisi nel 2008 a bloccare la crescita salariale, poi lo tsunami della pandemia nel 2020 a tagliare le opportunità e infine anche l’inflazione degli ultimi tempi per mangiarsi quel poco che restava in tasca. Il risultato? Semplice: una generazione in continua rincorsa, stanca ancora prima di iniziare e mai davvero in partita. E anche la laurea, sembra non bastare più, o almeno, non per tutti. Chi ha scelto l’area umanistica, ad esempio, parte in svantaggio rispetto a chi si laurea in ambito economico-finanziario: gli studi umanistici partono con circa 24.400 euro all’anno per poi salire fino a 27.300 euro dopo i tre anni, mentre nell’area economica si parte da una base annuale di 27.342 euro all’anno per poi arrivare a poco meno di 32.000 euro passati i tre anni.
Va un po’ meglio con le lauree STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics), che partono da sopra i 31.000 euro l’anno e possono superare i 35.800 euro dopo i tre anni. Ma nemmeno in questo caso si può parlare di stabilità, quella vera. Perché ad oggi, il lavoro non si riduce semplicemente ad una mera questione di stipendi e buste paghe.
La Gen Z è entrata in campo riscrivendo le priorità. Più che un aumento, ciò che cerca si traduce con una sola parola: equilibrio. Smart working, flessibilità vita privata – lavoro, tecnologia adeguata, orari sostenibili. Se mancano? Si cambia, senza troppi drammi. Si tratta di una generazione allergica alle staticità, poco spaventata dalla paura di lasciare, che non si lega ad una scrivania per principio. E le aziende che non si aggiornano e che non comprendono il cambiamento stanno già perdendo il conto: turnover alle stelle, perdita di competenze, crollo della motivazione. Il tutto in un clima sempre più fragile e quasi allo sbando.
Il paradosso è servito: meno soldi in tasca, ma sicuramente più consapevolezza di quanto valga il proprio tempo. Una generazione stanca, non viziata. Lucida, non svogliata. Nessun capriccio, bensì sopravvivenza e nessuna voglia di accontentarsi. Forse è questo il nodo da sciogliere per ripartire verso una nuova concezione del lavoro: oggi non basta lavorare per vivere, ma vivere, anche mentre si lavora.
[n.m]