Economia

Lavoro: cercansi “time manager”, oltre l’80% dei dipendenti fatica a gestire il tempo


Famelico per Shakespeare, il combattente più forte assieme alla pazienza per Tolstoj, relativo lungo il continuum in cui Einstein lo unisce allo spazio, liquido come nell’intuizione di Bauman perché liquida, sfuggente, incerta è l’era in cui viviamo: è il tempo, cruccio e fascinazione degli intellettuali di ogni epoca. La parola d’ordine è “gestione” perché, come ci ricorda Seneca, il problema non è avere poco tempo ma sprecarlo.

A questo proposito, stando a quanto indicato da LinkedIn e dalle statistiche più interessanti sul tema riportate da Hubstaff, più di 8 professionisti su 10 non sono in grado di gestire il tempo in maniera efficace sul posto di lavoro con conseguenti ritardi nel completamento dei progetti, crescita dello stress e ripercussioni dirette sulla produttività. Inoltre, i dipendenti dichiarano che il 51% della loro giornata lavorativa media viene impiegata in attività di basso valore. Più che una semplice ammaccatura economica, la cattiva gestione del tempo con conseguente ritardo nell’azione risulta essere un’ammaccatura nel potenziale del capitale umano che, come riportato da Gitnux, per l’85% dei dipendenti si traduce nel non riuscire a trovare tempo per la formazione.

Eppure, per sviluppare quella che per la maggior parte delle persone può non essere una dote innata, ovvero la capacità di gestire nel migliore dei modi il tempo a propria disposizione o – per dirla con l’espressione che fu usata nei primi studi sul management scientifico di inizio ’900 – “time management”, servirebbe proprio una formazione specifica volta ad acquisire una serie di strumenti, di cui la matrice di Eisenhower è tra i più popolari, che semplificano il processo decisionale sui compiti e aiutano a rimanere produttivi. Stando a quanto indicato da Forbes US, infatti, la gestione del tempo è una delle soft skill più richieste da Hr recruiter e leader d’impresa nel corso dell’anno corrente e continuerà ad esserlo. Tuttavia, il cosiddetto time management risulta una competenza quasi del tutto assente nei workplace di tutto il mondo.

Un cambio di passo nella gestione del tempo, però, può fare la differenza non solo in termini di maggior produttività, ma di approccio al lavoro ripensato nell’ottica di un miglior equilibrio rispetto alla vita privata che, dunque, non sacrifichi il benessere personale grazie, secondo McKinsey, alla capacità di prefissarsi degli “smart goal”, cioè obiettivi specifici, misurabili, attuabili, orientati ai risultati e vincolati ad un arco temporale consono a svolgere nel miglior modo possibile il lavoro richiesto. A quanto pare, per scongiurare dispersioni di tempo, stabilire priorità è la vera arma segreta visto che, come riportato da Hubstaff, dedicare 12 minuti alla pianificazione giornaliera per definire cosa è davvero critico e deve essere affrontato subito può eliminare 2 ore di tempo sprecato.

Il time management, va detto, non è appannaggio solo del mondo del lavoro. È, infatti, una metodologia applicata in modo cruciale anche al mondo dello sport e riassumibile nel mantra dell’ex canottiere britannico, Ben Hunt-Davis, “Will It Make the Boat Go Faster”(Questo farà andare la barca più veloce?) diventato anche il titolo del suo libro scritto insieme a Harriet Beveridge. Esempio emblematico di come la definizione degli obiettivi e la gestione del tempo inducano a risultati eccezionali nello sport e nella vita, Hunt-Davis ha portato la squadra di canottaggio della Gran Bretagna a raggiungere l’oro olimpico dopo anni di risultati mediocri.

Dunque, nel lavoro come nello sport chiedersi se ciò in cui si sta impiegando il proprio tempo “fa andare la barca più veloce?” o in alternativa “ci avvicina ai nostri obiettivi?” può davvero fare la differenza come ha raccontato un’esperta del settore, Alessandra Marzari, presidente del Consorzio Vero Volley, struttura di riferimento nel mondo della pallavolo nazionale e internazionale, nell’ambito dell’evento “Il tempo dello sport. Il tempo per riflettere” presso l’Università degli Studi di Milano. Primo appuntamento di un ciclo di quattro incontri organizzati con il comune denominatore del tempo, appunto, dello sport e della loro relazione nelle sue molteplici forme, che proseguirà nelle principali università di Milano.

Una serie di convegni che, come spiega Marzari, “nasce da una riflessione su quanto e come anche il tempo possa essere legato allo sport e della conferma di come lo stesso sport sia un importante fatto culturale. La nostra disciplina, la pallavolo, che è un gioco a punteggio, per esempio, non ha quella caratteristica della fretta che è tipica di altri ambiti”. Valore del tempo e tempo di valore sembrano essere le coordinate che accomunano il mondo del lavoro e quello dello sport proprio come racconta il claim “Driven by Values” del Consorzio Vero Volley, la cui crescita, nei suoi circa vent’anni di storia, è legata al fatto di “aver lasciato lavorare anche il tempo arrivando, così, a guardare, immaginare il futuro e ad accompagnare tante generazioni nello sviluppo del loro percorso”, conclude la presidente Marzari.


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