L’assenza del padre nella vita dei figli fa lievitare l’assegno di mantenimento
L’assenza del padre nella vita delle figlieha un peso significativo nella determinazione dell’assegno di mantenimento. La Cassazione ricorda che la “latitanza” del genitore nella quotidianità dei figli si paga anche economicamente, perché incide nella definizione della cifra da versare. A pochi giorni di distanza dal verdetto che ha affermato il diritto del padre separato a ottenere il taglio di un assegno per lui troppo oneroso, la Suprema corte ricorda ora che i genitori hanno entrambi l’obbligo di stare affettivamente vicino ai figli. E non farlo può far lievitare l’assegno in loro favore. Ovviamente il tutto va bilanciato – nel rispetto del principio di proporzionalità – con le possibilità del genitore più “latitante” – nello specifico il padre – con quelle dell’ex coniuge.
La vicenda
La Cassazione ha così respinto il ricorso contro la decisione del Tribunale, confermata in appello, di stabilire a carico del padre una quota mensile di 1.600 euro per due figlie, una delle quali maggiorenne ma non ancora autosufficiente, oltre al 60% delle spese straordinarie. Per la ex moglie un assegno, perequativo-compensativo, di 300 euro. Sulla scelta ha inciso il divario economico con l’ex consorte, che poteva contare su un’entrata di 1380 euro al mese e sulla proprietà di alcuni immobili (casa familiare compresa), a fronte dello stipendio dell’ex marito di 3.100 euro. Non basta a far cambiare idea ai giudici il fatto che il ricorrente pagasse un affitto che, unito all’esborso per le figlie, azzerava quasi lo stipendio, visto che disponeva di un patrimonio mobiliare superiore al milione di euro.
La donna dalla sua aveva la decisione, condivisa dall’allora marito, di rinunciare a un lavoro a tempo pieno, trasformatoin part-time per curare le figlie nel periodo in cui avevano uno e tre anni. Ma nel conto i giudici di legittimità mettono anche una ridotta presenza in famiglia dell’uomo sia durante il matrimonio – dovuta anche a un impegno come giudice sportivo che si univa alla sua attività – sia dopo la separazione. Per la Suprema corte, nella determinazione dell’assegno, va considerato che il padre non provvedeva mai al mantenimento diretto delle ragazze, perché queste rifiutavano di incontrarlo. Una chiusura ai rapporti con il papà che era da attribuire ai comportamenti di quest’ultimo, distante affettivamente anche in occasione di alcune feste.
Non passa la linea della difesa che aveva sottolineato come la scelta del part-time per la donna non fosse irreversibile e ricordato che questa era entrata in possesso di circa 70 mila euro contenuti in un conto comune. La Suprema corte valorizza il diritto delle figlie a essere educate e assistite moralmente sia dalla madre sia dal padre. Compito quest’ultimo non svolto a sufficienza dal ricorrente.
L’assenza pesa sull’importo
I giudici di merito, dunque, hanno preso la decisione corretta dopo aver verificato «le posizioni reddituali dei genitori – si legge nell’ordinanza- accertando la situazione di assenza del padre nella vita delle figlie che assume un peso significativo nella determinazione dell’assegno di mantenimento». A incidere anche le maggiori esigenze delle ragazze rispetto all’epoca della separazione.
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