L’antica arte giapponese dei ‘bonsai volanti’ in Puglia
Coltivare piante senza un vaso. Farlo in maniera completamente naturale, solo attraverso del muschio. È l’antica arte del kokedama adottata da Angela in “Kokedama Mi Amor”, un progetto in cammino e in continua evoluzione. La storia dei kokedama affonda le radici nel Giappone del Seicento, periodo storico di chiusura ricordato come il periodo Edo, e del quale la donna di Cisternino si è profondamente innamorata, tanto da importare la tecnica di coltivazione in Puglia. Tutto ha inizio nell’ottobre 2022, con l’Asparagus Setaceus e le sue foglie sottili come piume. Angela è a Barcellona quando partecipa a un workshop sull’arte del kokedama. Ancora non sa che quell’appuntamento diverrà il seme di una grande passione e quella pianta la prima di una lunga serie.
Angela vive fuori dall’Italia per più di quindici anni, parte con lo zaino in spalla all’età di 20. Viaggia instancabile, da sola, come una gipsy. Una vera gitana che ha sempre apprezzato scoprire gli angoli più nascosti del mondo, imparare e fare nuove esperienze. Per un lungo periodo dimora a Barcellona, ma nel 2018 torna nella sua città, in Valle d’Itria: sente un richiamo viscerale della terra natia, che asseconda. Riprende la sua quotidianità in Puglia, lavora nell’ambito turistico, ma sente che qualcosa ancora le manca, e così riparte ancora una volta per la Spagna. Una nuova ma breve parentesi nella città gotica, un intervallo di tempo sufficiente per salutare qualche vecchia conoscenza e soprattutto un suo amico, proprietario di una gelateria in centro: nel locale resta meravigliata da alcune sfere volanti, i kokedama. Ne resta davvero colpita tanto da aderire a un workshop tematico: è l’11 ottobre 2022.
Un’esistenza ricca di spostamenti. La donna rientra in Patria e nella sua amata campagna, dalla sua giunga domestica, inizia a ‘sporcarsi le mani’ avviando di fatto un progetto bellissimo: divulgare la cultura del kokedama – nato come “il bonsai dei poveri”, nonché dei giardinieri che non potevano – nell’antica società nipponica – permettersi vasi costosi.
Ad oggi sono già passati tre anni. Angela utilizza diverse piante per le sue creazioni artigianali: dalla Dracaena Marginata di origine tropicale al Chlorophytum, anche noto come la pianta ragno o nastrino, passando per l’albero della fortuna, la cosiddetta pachira acquatica, considerata in alcune tradizioni asiatiche un elemento capace di attirare energia positiva. Ancora, le piante grasse e il peperoncino, più mediterranee la pungente e resistente Opuntia, più celebre come Fico d’India, e l’ulivo simbolo di vita e abbondanza.
L’ambizione: rendere la particolare tecnica di coltivazione una professione. Dai workshop in giro per la Puglia a mercatini e bomboniere per ogni ricorrenza. L’attività di Angela sta assumendo una dimensione a tutto tondo, diviene molto più di un semplice hobby, una mission per promuovere la tradizione delle piante senza vaso intese non solo come idea regalo, uniche e originali, in grado di lasciare le persone senza parole, ma ancor prima come tecnica delicata e potente che unisce curiosi attorno ad un tavolo di convivialità, invita loro ad alimentare manualità e spirito creativo e connettersi con la vita, in silenzio, con rispetto e meraviglia. La creazione diventa un ricordo della giornata da portare a casa.
“Essendo un’anima nomade uno dei miei sogni è avere un camper per girare non solo la Puglia ma organizzare workshop per l’intera Italia – svela Angela – Abbiamo bisogno di rallentare. La vita corre, è piena di problemi. Si vive perennemente con il telefono in mano. Occorrerebbe prendersi del tempo, disconnettere il cervello dalla frenesia mondana e connettersi con la parte più profonda e intima del proprio essere. Sporcarsi le mani di terra, entrare a contatto con la natura, lavorare sui kokedama può essere un ottimo antidoto”.
Un kokedama è una pianta comune e come tale richiede tutte le dovute attenzioni di un qualsiasi vegetale. Quanto lo differenzia è il suo vaso naturale, totalmente fatto a mano. La sua cura equivale a quella di una pianta in vaso tradizionale. L’unica variante è il modo di innaffiarlo: va immerso in acqua per circa 5 minuti. Strizzarlo delicatamente dopo per eliminarne gli eccessi e rimetterlo al suo posto (può poggiare su pietra o ardesia, trovare applicazione in una struttura di ferro, essere appeso con un banale filo o un macramè). L’operazione di irrorazione va ripetuta a seconda di stagione, tipologia della pianta e peso del kokedama. Il segnale per bagnarlo è la sua leggerezza: se la sfera risulta leggera significa che la terra ha assorbito l’acqua, dunque il kokedama va innaffiato. Per tradizione la tecnica di coltivazione originale è quella con il muschio, risalente al 1600, che rispecchia la perfezione dell’estetica giapponese: etimologicamente, la parola kokedama significa “palla di muschio”. Tuttavia, può anche essere creato mediante copertura in fibra di cocco, un’idea introdotta più di recente con l’obiettivo di sfruttare in modo creativo il materiale di scarto del frutto esotico.




