Landini chiede la patrimoniale: così in Umbria. Ecco chi la pagherebbe
di M.T.
Quando Maurizio Landini ha rilanciato la proposta di una patrimoniale sulle grandi ricchezze, l’obiettivo dichiarato è stato quello di colpire i patrimoni più elevati per destinare nuove risorse al welfare, alla sanità e alle infrastrutture. Un’imposta del genere, tuttavia, avrebbe in Umbria effetti molto diversi rispetto alle regioni più industrializzate come Emilia-Romagna o Lombardia.
Il cuore verde d’Italia si distingue infatti per una struttura economica meno concentrata, fondata su piccole imprese, agricoltura, turismo e un patrimonio diffuso, costituito in larga parte da immobili familiari. Questo rende la regione particolarmente sensibile a qualsiasi intervento che incida sulla ricchezza privata o sulla proprietà della casa.
Secondo gli ultimi dati della Banca d’Italia, la ricchezza netta pro capite in Umbria – cioè la somma delle attività reali e finanziarie al netto dei debiti – è pari a circa 151 mila euro, un valore inferiore alla media nazionale e composto in gran parte da beni immobili. Il patrimonio complessivo delle famiglie umbre è stimato in circa 120 miliardi di euro, dei quali oltre 75 miliardi derivano da immobili residenziali.
Il valore medio di un’abitazione in Umbria si aggira intorno ai 105 mila euro, uno dei più bassi del Centro Italia. Nella regione vivono circa 385 mila famiglie, con redditi medi inferiori alla media nazionale e una propensione al risparmio tra le più basse d’Italia: secondo la Camera di commercio dell’Umbria, nel 2023 è stata pari al 6,4 per cento, con valori provinciali che oscillano dal 6,9 per cento di Terni al 6,5 per cento di Perugia.
Il risparmio complessivo delle famiglie umbre nello stesso anno ha raggiunto 1,18 miliardi di euro, pari all’1,1 per cento del totale nazionale, nonostante la regione rappresenti circa l’1,5 per cento della popolazione italiana. Anche questo dato conferma un profilo economico prudente e poco orientato all’accumulo di grandi patrimoni finanziari.
Un ulteriore elemento caratteristico riguarda il mercato immobiliare: circa un quinto del patrimonio edilizio regionale è costituito da seconde case, spesso ereditate o utilizzate per il turismo, ma non sempre produttive di reddito.
Certamente, Maurizio. Ecco un capitolo aggiuntivo pronto per essere inserito nel tuo articolo, redatto in tono giornalistico e coerente con lo stile dei precedenti paragrafi.
Applicando alla realtà umbra il parametro proposto dal segretario della Cgil – un’aliquota effettiva dell’1,3 per cento sui patrimoni superiori ai due milioni di euro, riferita all’1 per cento più ricco della popolazione italiana – il gettito potenziale per la regione si attesterebbe intorno ai 377 milioni di euro l’anno.
La cifra deriva da una semplice proporzione: poiché l’Umbria rappresenta circa l’1,4 per cento delle famiglie italiane (circa 381 mila su 26,3 milioni a livello nazionale), la quota di gettito corrispondente all’ipotesi nazionale di 26 miliardi ammonterebbe, su base teorica, a poco meno di 400 milioni di euro.
Si tratta però di una stima puramente proporzionale. In una regione come l’Umbria, dove la ricchezza è più diffusa ma meno concentrata in grandi patrimoni finanziari, la presenza di contribuenti con un patrimonio superiore ai due milioni di euro è con ogni probabilità inferiore alla media nazionale. In questo caso, il gettito effettivo sarebbe verosimilmente più basso.
La simulazione fornisce comunque un ordine di grandezza utile: anche adottando il modello di patrimoniale proposto da Landini, l’Umbria contribuirebbe in misura contenuta al gettito complessivo nazionale, confermando un profilo economico dove la ricchezza è ampia ma non “grande”, e in larga parte immobiliare.
Tuttavia l’impatto di una patrimoniale dipenderebbe soprattutto dalla soglia a partire dalla quale verrebbe applicata l’imposta. Tre ipotesi possono dare un’idea dell’ordine di grandezza.
| Soglia patrimoniale | Aliquota | Famiglie coinvolte (Umbria) | Gettito netto stimato | Quota sul PIL regionale |
|---|---|---|---|---|
| 1.000.000 € | 1,5 % | circa 1.200 | circa 2,8 milioni €/anno | 0,01 % |
| 500.000 € | 1 % | circa 3.800 | circa 6,1 milioni €/anno | 0,02 % |
| 250.000 € | 1 % | circa 35.800 | circa 26 milioni €/anno | 0,08 % |
Con una soglia molto elevata, pari o superiore a un milione di euro, la misura colpirebbe soltanto poche centinaia di famiglie benestanti, con un gettito limitato e un effetto prevalentemente simbolico. Se la soglia scendesse invece intorno ai 500 mila euro, l’impatto comincerebbe a coinvolgere una parte della classe media proprietaria, trasformando la tassa in un prelievo più esteso ma anche più controverso.
Nello scenario più ampio, con una soglia fissata a 250 mila euro, verrebbero interessate oltre 35 mila famiglie umbre e il gettito stimato raggiungerebbe circa 26 milioni di euro all’anno. Si tratterebbe comunque di una cifra contenuta se confrontata con il bilancio complessivo della Regione, che ammonta a circa 3 miliardi: la patrimoniale coprirebbe in questo caso appena l’1 per cento delle entrate regionali.
La distribuzione della ricchezza in Umbria non è uniforme. La provincia di Perugia, più estesa e dinamica, concentra circa i tre quarti del potenziale gettito derivante da una patrimoniale. Qui le famiglie più abbienti presentano un patrimonio medio vicino ai 750 mila euro. In questa provincia si stimano circa 25 mila nuclei familiari con ricchezze superiori ai 250 mila euro, da cui deriverebbe un gettito di circa 20 milioni di euro l’anno, pari al 77 per cento del totale regionale.
La provincia di Terni, caratterizzata da un’economia più industriale ma con valori immobiliari inferiori, contribuirebbe in misura più modesta. Le famiglie con patrimonio sopra la soglia di 250 mila euro sarebbero circa 10.800, per un gettito stimato intorno ai 6 milioni di euro, pari al 23 per cento del totale.
Non mancherebbero le criticità. In una regione dove la ricchezza è spesso concentrata negli immobili e non accompagnata da redditi elevati, un prelievo patrimoniale rischierebbe di penalizzare la cosiddetta classe media immobiliare, formata da famiglie con case di valore ma con liquidità limitata. L’imposizione su questi patrimoni potrebbe ridurre la propensione ai consumi, indebolire la domanda di mutui e influenzare negativamente il mercato immobiliare, che in Umbria è già caratterizzato da valori stabili e in alcuni casi in lieve flessione. Non è da escludere anche il rischio di comportamenti elusivi, come la frammentazione dei patrimoni o il trasferimento di beni per ridurre l’imponibile.
Infine, il gettito complessivo resterebbe comunque contenuto rispetto alle necessità finanziarie della Regione. Una tassa che generasse in Umbria 20 o 25 milioni di euro l’anno avrebbe un impatto limitato sui conti pubblici ma potenzialmente rilevante sulla percezione dei cittadini.
Per l’Umbria, dunque, una patrimoniale “alta” sarebbe una misura dal valore più simbolico che sostanziale: avrebbe scarso effetto sui conti pubblici ma limitato impatto sociale. Una patrimoniale “media” o “bassa”, invece, potrebbe produrre effetti economici tangibili, ma rischierebbe di coinvolgere anche una parte della popolazione non ricca, generando tensioni e opposizioni.
Source link




