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L’addio di Musk si trasforma nello show di Trump: il tycoon fa la lista dei propri “successi”. ‘No comment’ sulle droghe del magnate

La conferenza stampa che sancisce l’addio di Elon Musk al Dipartimento dell’Efficienza Governativa (Doge) si è presto trasformata nell’ennesimo show di Donald Trump. “Elon è uno dei più grandi imprenditori al mondo”, ha realizzato “un cambiamento colossale“, anche se “ci vorranno anni per ricostruire il sistema ma abbiamo iniziato”: così il presidente americano ha mostrato la sua gratitudine per l’operato svolto dal fondatore di Tesla. La notizia vera, però, l’ha data proprio il magnate di origini sudafricane che ha spiegato come il suo non sia un addio, ma solo un arrivederci: “La mia uscita non è la fine del Doge ma l’inizio. Tornerò in questo splendido studio e continuerò a consigliare il presidente“. È d’accordo, ovviamente, anche il capo dello Studio Ovale: “Non se ne andrà davvero. Credo che andrà avanti e indietro. (Il Doge è, ndr) il suo bambino”.

Dopo i rapidi ringraziamenti per il servizio svolto da Musk, lasciato in piedi di fianco alla scrivania dietro la quale troneggiava invece il presidente, la conferenza stampa si è presto trasformata nel palcoscenico sul quale il tycoon ha deciso di esaltare il proprio operato in questi primi sei mesi alla guida del Paese. “Oggi si parla di un uomo di nome Elon”, ha esordito nel suo discorso. In realtà, si è parlato più di un uomo di nome Donald. Ha fatto cenno alla guerra commerciale che ha stravolto i piani e i rapporti internazionali di Paesi di mezzo mondo: “I dazi sono molto importanti. Senza, il nostro Paese sarebbe in pericolo”. Poi è passato a parlare della politica estera, delle guerre che, a suo dire, sta cercando con successo di fermare, annunciando anche “novità” sulla tregua a Gaza. Ha ripreso le proprie dichiarazioni sulle tensioni con la Cina e accennato persino ai colloqui con l’Iran. È addirittura tornato indietro al 2021, al “disastroso ritiro americano dall’Afghanistan” da lui voluto con i colloqui in Qatar con i Talebani ma che adesso attribuisce all’amministrazione Biden che ha svolto il lavoro operativo.

Dopo il discorso con cui Musk prevede un futuro radioso per il Doge, si è infine passati alle domande dei giornalisti. La parte complicata, date anche le indiscrezioni pubblicate dal New York Times sull’uso assiduo di sostanze stupefacenti da parte del fondatore di Tesla nel corso della campagna elettorale. E la domanda sull’articolo del quotidiano newyorkese è arrivata puntuale, domanda alla quale Musk si è però rifiutato di rispondere: “È lo stesso giornale che ha vinto un Pulitzer per le false notizie sul Russiagate“, ha glissato.

Quella dell’interazione con i giornalisti è stata l’occasione, di nuovo, per Trump per parlare delle proprie iniziative. E tra queste c’è anche il suo provvedimento, per il momento bloccato, che limita l’iscrizione di studenti stranieri nelle università americane: “Vogliamo studenti stranieri ma non chi crea problemi”, ha risposto in riferimento alle proteste negli atenei americani a supporto della popolazione di Gaza. E ha poi alimentato il lungo scontro con l’università di Harvard che, ha ribadito, “non si è comportata bene”.


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