La verità su Malagò (e su Diana Bianchedi)
Lunedì 14 aprile è un giorno importante per il futuro del Coni, non decisivo forse visto che si vota fra oltre due mesi, il 26 giugno mattina, ma sicuramente in grado di delineare alcuni contorni. Giovanni Malagò ha assicurato che lunedì prossimo dirà tutto sul Coni, e anche sul suo futuro extrasportivo (mistero). Una giornata campale è prevista a Palazzo H, dal mattino sino al tardo pomeriggio (poi in serata la festa del pentathlon). Previsto un aspetto formale e uno sostanziale.
Quello formale si avrà in Giunta e subito dopo in Consiglio nazionale, davanti a tutto il mondo dello sport. Malagò prenderà atto della situazione: non c’è stata la possibilità di candidarsi per il quarto mandato per il veto di una parte politica, e non è arrivata nemmeno la proroga di un anno, in modo da restare alla guida del Coni in occasione delle Olimpiadi di Milano-Cortina 2026 e dei Giochi del Mediterraneo dello stesso anno. Niente da fare. Malagò si sente fortemente discriminato di fronte ai presidenti di Federazione che non hanno limiti (due di loro, Sabatino Aracu e Luciano Rossi, sono già al nono mandato). Il Coni certo è un Ente pubblico ma molte Federazioni, non tutte, usufruiscono prevalentemente di denaro pubblico. Quindi, Malagò si ferma (a meno di improbabile novità) al terzo mandato ed è quasi certo che nel suo discorso di lunedì spiegherà che lui non appoggerà nessuno come erede, uomo o donna che sia. Che si candidassero, se lo ritengono opportuno e ovviamente ne hanno i requisiti. Malagò rivendicherà quello che ha fatto in questi anni, non solo le (tante) medaglie olimpiche ma anche la costante crescita della considerazione del Coni a livello internazionale.
Poi, dopo Giunta e Consiglio, ci sarà la parte informale, sicuramente la più importante, quella con i presidenti di Federazione. Qualcuno, membro di Giunta Coni o presidente federale, dovrebbe fare il nome o quantomeno l’identikit di Diana Bianchedi. Campionessa olimpica di scherma, stimatissima da Malagò che l’ha voluta ai vertici della Fondazione olimpica per la sua forte esperienza nel mondo sportivo e per i suoi ottimi rapporti con il Cio. Un curriculum sicuramente di prestigio. Si vedrà quale sarà la reazione dei 50 presidenti sul suo nome: è questo l’aspetto (delicato) che sta particolarmente a cuore a Malagò prima di convincere Diana a fare il passo ufficiale.
Al momento il mondo dello sport (ma mancano ancora i nomi di tantissimi votanti) si divide fra Luca Pancalli e Luciano Buonfiglio. Se alla fine la Bianchedi decidesse di non scendere in campo, Malagò si vedrebbe costretto ad orientarsi (e orientare i suoi voti, non pochi) fra Pancalli e Buonfiglio. Potrebbe scegliere il presidente della Federcanoa, considerato da molti suoi colleghi uno di loro, uomo di esperienza e buon senso che potrebbe stare bene anche alla politica. Altri nomi sono circolati in questi giorni come possibili candidati, fra questi Sabatino Aracu e Angelo Cito. Due presidenti di Federazione che godono di fortissima stima: ma non ci sono stati, almeno sinora, passo ufficiali.
Federica Pellegrini invece ha spiegato a Repubblica di non essere intenzionata a candidarsi alla guida del Coni. E ha aggiunto: “Non ne sarei all’altezza”. Ha ragione: è stata brava a farsi eleggere membro Cio in quota atleti in occasione di Tokyo 2021, grazie anche all’appoggio di Malagò e Mornati, ma ha poca esperienza dirigenziale sinora e non godrebbe di tanti favori fra i presidenti federali. Più avanti, chissà. Dopo lunedì prossimo comunque potrebbe nascere una ulteriore candidatura in grado di raccogliere il consenso dei presidenti di Federazione. I giochi non sono per niente chiusi.
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