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La UE vuole rinominare il vino dealcolato per renderlo più appetibile

Nel nuovo piano di Bruxelles il vino dealcolato diventa “alcohol free”, insieme alle misure per rilanciare un settore in crisi.

La UE vuole rinominare il vino dealcolato per renderlo più appetibile

È partito ufficialmente il piano UE per salvare il vino dalla crisi. Quale, fra le tante? I dazi di Trump, il consumo in declino, il cambiamento climatico, la burocrazia bizantina. Stavolta però l’Europa ci crede, e punta proprio su quello che, tecnicamente, vino non è. Lo slogan della Commissione sembra essere: si riparta dal vino dealcolato. E per renderlo più appetibile Bruxelles propone la più antica e sfruttata strategia di marketing: cambiargli nome.

L’appeal sta nel brand

vino bianco calice

A chi serve il vino dealcolato? Beh, sono più di quelli che pensate. Ai giovani che bevono meno, o comunque meno alcolico. Ai produttori che vogliono reinventarsi, soprattutto in vista di un mercato sempre più chiuso. Ai Paesi in cui l’alcol è proibito per credo o religione, come Africa e Medio Oriente. Insomma, l’appeal del vino dealcolato è già ampiamente diffuso, checché ne dicano Unione Italiana Vini e Ministero dell’Agricoltura. E infatti: anche Lollobrigida è stato costretto a piegarsi alle richieste firmando il decreto che ne autorizza la produzione.

Il problema però è trovargli un modo per essere più appetibile. Il piano UE casca a fagiolo: l’attenzione infatti è spostata sul nome, con la volontà di trasformare il prodotto un brand competitivo. Bruxelles propone di rendere “attraente e familiare” il vino senza alcol partendo proprio dalla sua dicitura. Così nel piano compaiono termini come alcohol free, 0,0%, alcohol light da utilizzare come standard di denominazione in tutto il territorio.

Va detto però che l’UE non ha tenuto in considerazione i nomi più in del momento riferiti al vino senza alcol. Dagli usatissimi zero proof e proxy (traduzione letterale: surrogato) in tutto il mondo anglosassone. Fino a No/Lo, termine nato super hipster e oggi molto mainstream in certe bolle gastrofighette. E no, qui non si riferisce al nuovo, pesantemente gentrificato e sempre super hipster quartiere di Milano, la cui sigla sta per North of Loreto. In questo caso No/Lo sta per no/low alcohol, ovvero tutte quelle bevande a zero o pochissimo residuo alcolico che vanno a sostituire il vino, birra, distillato canonici.

Le altre proposte

vigna

C’è anche da dire però che se la Commissione apre al vino senza alcol, il resto del piano si concentra sul caro, vecchio, a medio-alta gradazione succo di uva fermentato. Christophe Hansen, commissario UE per l’agricoltura, ha stilato la bozza di regolamento tenendo conto degli stakeholders e delle raccomandazioni del Gruppo di Alto Livello sul vino. Fra le proposte spiccano maggiore flessibilità sulle autorizzazioni degli impianti a vite, più controllo sulla produzione per gli agricoltori, coperture contro i rischi climatici, promozione dell’enoturismo.

Fra le misure più concrete vi sono quelle relative alle pratiche in vigna. Permesso di estirpazione e vendemmia verde per prevenire la produzione in eccedenza; flessibilità nelle autorizzazioni di reimpianto, allungata a 8 anni con sospensione delle penali; aumento dell’assistenza finanziaria fino all’80% per l’adattamento ai cambiamenti climatici.

C’è il pacchetto che riguarda l’etichettatura trasparente e digitale. C’è in ballo la proposta di QR code per “stabilire un’identificazione comune a tutta Europa con un simbolo”, che fra le altre cose listi gli ingredienti e valori nutrizionali. In questo caso niente “etichetta shock” sui rischi per la salute, il cui uso sarà a discrezione dei singoli Paesi membri.

L’attenzione del piano infine si sposta sull’enoturismo, con campagne promozionali a carico dell’UE che si allungano fino a 5 anni, e assistenza sul territorio per sviluppare un turismo legato al vino. Dall’Italia, per una volta, arrivano soddisfazioni e non polemiche. Per UIV la proposta “risponde alla necessità di sviluppare interventi normativi specifici e mirati”, specie in un momento così delicato su tutti i fronti. Confagricoltura chiede che “la maggiore flessibilità contenuta in alcune misure della proposta sia applicata anche alla gestione finanziaria per un migliore utilizzo delle risorse” , ma tutto sommato si ritiene soddisfatta. Tutti d’accordo, per ora.


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