La tregua a Gaza è ancora lontana, Netanyahu: “Non firmo accordo senza prima avere rimosso Hamas”
Pochi giorni fa, da più parti, era stata rilanciata la notizia di colloqui giunti a una “fase decisiva e finale”. Ma a frenare gli entusiasmi per un possibile accordo sul cessate il fuoco tra Israele e Hamas è oggi proprio il primo ministro israeliano. Benjamin Netanyahu, in un’intervista al Wall Street Journal, ha detto infatti che non firmerà un accordo sugli ostaggi se questo implica la fine della guerra a Gaza, che potrà terminare solo con la rimozione completa di Hamas.
Dopo oltre un anno di guerra e continui raid sulla Striscia di Gaza, l’ipotesi di una tregua sembra ancora molto lontana: “Non accetterò di porre fine alla guerra prima di aver rimosso Hamas”, ha detto Netanyahu: “Non li lasceremo al potere a Gaza, a circa 50 chilometri da Tel Aviv. Non accadrà”. All’intervistatore il premier ha detto anche che Israele “sta vincendo alla grande” contro i suoi nemici: ha indebolito Hamas e Hezbollah e provocato la caduta del regime degli Assad in Siria, ha sottolineato.
Intanto i raid israeliani continuano e si aggiorna costantemente il numero delle vittime. Il ministero della Salute di Gaza ha dichiarato che nelle ultime 24 ore nella Striscia sono morti almeno 21 palestinesi e altri 61 sono rimasti feriti e che il bilancio totale dei morti palestinesi nella Striscia dall’inizio della guerra è salito a 45.277, con in più 107.573 feriti totali. Secondo quanto riferisce l’agenzia di stampa palestinese Wafa, tre palestinesi sono stati uccisi in un raid israeliano a ovest della città di Gaza. Gli aerei da guerra di Tel Aviv avrebbero preso di mira un gruppo di persone nel campo profughi di Shati.
Dall’altro versante gli Houthi hanno rivendicato il lancio un “missile balistico ipersonico” denominato “Palestina 2”, che ha colpito “l’area occupata di Giaffa” appena a sud di Tel Aviv. “Il missile ha colpito il suo obiettivo con precisione, e le difese e i sistemi di intercettazione non sono riusciti a intercettarlo”, ha affermato il portavoce del gruppo yemenita, Yahya Saree, in un discorso televisivo, aggiungendo che l’attacco è stato una risposta ai “massacri contro i nostri fratelli a Gaza”, nonché all’aggressione israeliana contro il nostro Paese.
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