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La SIAE alza le tasse per la copia privata, in arrivo anche per il Cloud

Ogni volta che acquistiamo uno smartphone, un tablet o un hard disk esterno, nel prezzo finale c’è una voce nascosta che pochi conoscono: la tassa per copia privata. Si tratta di un compenso richiesto dalla SIAE, che serve a remunerare autori, produttori ed editori per l’uso personale e legittimo delle opere digitali, come musica o film acquistati legalmente.

Dal 2025, però, questa tassa potrebbe diventare più pesante. Il nuovo decreto in esame al Ministero della Cultura prevede aumenti importanti, in particolare sugli smartphone, ma non solo. E non è tutto: tra le novità più discusse c’è anche l’ipotesi di estendere la tassa ai servizi di cloud storage, anche quelli gratuiti.

Come funziona la Copia Privata SIAE

La copia privata è un diritto riconosciuto ai consumatori, che permette di fare una copia personale di contenuti acquistati legalmente, come brani musicali, film o ebook, per uso esclusivamente individuale.

Per compensare i titolari dei diritti d’autore di questo utilizzo, lo Stato ha previsto un contributo economico applicato a tutti i dispositivi e supporti che possono essere usati per memorizzare questi contenuti.

Questo contributo viene gestito e incassato dalla SIAE e poi redistribuito agli aventi diritto. La tassa viene applicata direttamente ai produttori o importatori dei dispositivi, ma si riflette ovviamente sul prezzo finale pagato dai consumatori per l’acquisto dei dispositivi.

Il compenso per la copia privata frutta un incasso molto elevato per la SIAE: parliamo di oltre 120 milioni di euro nel 2025, con picchi fino quasi a 150 milioni tra 2021 e 2022.

Cosa cambia dal 2025

Con il nuovo decreto in sviluppo, il Ministero della Cultura potrebbe aggiornare le tariffe previste per la copia privata. I nuovi importi riguarderebbero molti dispositivi, praticamente tutti quelli che hanno una memoria dati al loro interno.

Ecco alcuni esempi delle nuove tariffe, come riportate dal sito DDay. Il prezzo indicato è calcolato sul singolo pezzo, con la relativa percentuale di maggiorazione.

  • Computer: da 5,2 a 6,07 euro (+16,8%)
  • Smartwatch e wearable (fino a 4 GB): da 2,2 a 2,57 euro (+16,8%)
  • Televisori: da 4 a 4,67 euro (+16,8%)
  • Schede di memoria (oltre 32 GB): da 4,5 a 5,26 euro (+16,8%)
  • Chiavette USB (oltre 32 GB): da 7,5 a 8,76 euro (+16,8%)
  • HD e SSD interni o esterni (oltre 2 TB): da 18 a 21,02 euro (+16,8%)
  • CD registrabili: da 5 a 6 centesimi (+20%)
  • DVD e Blu-ray registrabili: da 10 a 12 centesimi (+20%)

Per la maggior parte dei prodotti si tratta di un incremento netto del 16,8%, con picchi fino al 20% per CD, DVD e Blu-ray.

Percentuali da non sottovalutare, che andranno ad impattare direttamente il prezzo di questi prodotti e l’esborso del consumatore finale.

Il bello, però, è che ci sono due categorie più colpite delle altre, cioè quelle degli smartphone e dei servizi cloud.

Nuove tariffe per gli Smartphone

Gli aumenti del compenso per la copia privata decisi per il 2025 stanno già facendo discutere, soprattutto per quanto riguarda gli smartphone, che sono i dispositivi più venduti e quindi anche quelli che genereranno il maggior gettito.

L’incremento previsto arriverebbe fino al 40% rispetto alla tassa precedente, e si ripercuoterebbe maggiormente sui dispositivi con più memoria interna. A seguire trovate la tabella completa degli aumenti a seconda della capacità del dispositivo.

Memoria internaVecchia tariffaNuova tariffaAumento
fino a 8 GB2,93,3916,9%
da 8 a 16 GB3,94,5616,9%
da 16 a 32 GB4,85,6116,9%
da 32 a 64 GB5,36,0714,5%
da 64 a 128 GB6,27,3618,7%
da 128 a 256 GB6,98,0616,8%
da 256 a 512 GB6,98.6425,2%
da 512 GB a 1 TB6,99,1132,0%
da 1 a 2 TB6,99,4637.1%
oltre 2 TB6,99,6940,4%

Tassa per i servizi Cloud

Ma il punto più controverso del nuovo decreto riguarda una novità potenzialmente dirompente: la possibile estensione del compenso anche ai servizi di cloud storage.

Il decreto introduce infatti una clausola di revisione che prevede l’avvio di un confronto tra governo, SIAE e aziende per valutare come applicare il compenso anche a piattaforme come Google Drive, iCloud o Dropbox.

L’idea alla base è che anche il cloud consente la memorizzazione privata di contenuti protetti, quindi non dovrebbe essere esente dalla tassa. Tuttavia, applicare questo principio a servizi online rischia di generare complessità tecniche e legali enormi, senza contare le inevitabili ripercussioni sui costi per gli utenti.

Stando ai dati riportati da DDay, questi potrebbero essere i valori richiesti per il compenso SIAE:

  • Cloud fino a 1 GB: nessuna tassa
  • Cloud da 1 a 500 GB: 0,0003€ per GB per utente al mese
  • Cloud oltre 500 GB: 0,0002€ per GB per utente al mese (massimo 2,4 euro)

Il paradosso è che una tassa di questo tipo sarebbe applicabile anche ai servizi cloud gratuiti, che offrono spesso decine di GB agli utenti registrati anche senza il pagamento di un abbonamento. A questo punto, chi dovrebbe pagare questa tassa? Per il momento non è ancora chiaro.

In ogni caso, le prime reazioni del settore non si sono fatte attendere. Le associazioni dei produttori parlano di un approccio superato e distorto, che non tiene conto delle reali modalità di fruizione dei contenuti oggi.

Anche alcuni giuristi sottolineano come la tassazione del cloud potrebbe entrare in conflitto con le normative europee sulla libera circolazione dei servizi digitali.

L’ultima parola spetta al Ministro della Cultura, che dovrebbe approvare il decreto con le nuove norme sul compenso per la copia privata entro settembre 2025. Se tutto dovesse rimanere inalterato, prepariamoci a nuovi aumenti di prezzo per tutti i dispositivi tech in Italia.


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