Ambiente

La sfida della Ue è navigare nel disordine globale


Il modello export-led europeo ha un limite (cui sfuggono peraltro Paesi come Svezia, Danimarca e Norvegia) perché è basso il suo contenuto high-tech e ciò avviene al costo di una bassa crescita dei salari reali.

La scelta strategica a favore del settore dei servizi ad elevato valore aggiunto è inevitabile, tenendo conto che in questo settore c’è un ampio disavanzo della bilancia estera (in particolare verso gli Usa) soprattutto nelle tecnologie digitali, informatiche e satellitari.

Non bisogna dimenticare gli aspetti finanziari. Gli investimenti privati a più elevato rischio e redditività sono stati finora insufficenti, tant’è che più di 300 miliardi di risparmio europeo va all’estero alla ricerca di maggiore reddività.

Per concludere: l’impegno sugli aspetti internazionali è una priorità perché dà maggior valore alle stesse politiche d’investimento previste dalle proposte in materia di crescita da Enrico Letta e Mario Draghi.

Il patrimonio identitario dell’Europa, infine, non può prescindere dalla sua capacità di assicurare ai cittadini democrazia, equità, inclusione e benessere. Sono valori messi in discussione dai montanti nazionalismi che, a loro volta, molto risentono della crisi del welfare state. E’ compito degli Stati reagire a questa tendenza ma è compito della Ue contribuire a fronteggiarne gli aspetti comuni che nascono dai cambiamenti legati a demografia,tecnologia e transizione energetica.


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