Ambiente

la sfida della Lombardia per il futuro

Sono anni che il dibattito rispetto alle indicazioni e imposizioni europee divide la politica tra “fondamentalismo ideologico ambientale” e “negazionismo del cambiamento climatico”. Nel frattempo, tutto rimane completamente bloccato, nonostante cambino le congiunture economiche, la situazione geopolitica, i prezzi, le generazioni, si scoprano nuove possibilità e nascano nuovi competitor. Questo dibattito rende inefficace l’azione di realismo e propositività che da un paio d’anni il “sistema lombardo” sta cercando di portare avanti. Ne è una prova il fatto che, negli ultimi due anni, in Lombardia circa il 40% dei nuovi assunti sia entrato nel settore dei green job. La nostra Regione sta affrontando una transizione complessa ma accelerata dalla capacità di innovazione dei nostri ecosistemi settoriali e territoriali, che da anni puntano anche su efficientamento energetico ed economia circolare, permettendoci di riutilizzare materiali e ridurre la dipendenza dalle importazioni estere. Abbiamo accettato la sfida ma non ci consentono di giocare la partita. Le attuali regole europee, infatti, impediscono a molti progetti di passare dalla sperimentazione all’industrializzazione, perché le aziende, sul fronte della sostenibilità ambientale, sono molto più avanti delle normative Ue. Anche portare sul mercato globale un prodotto figlio di una filiera oggi ambientalmente sostenibile è diseconomico perché i costi di produzione non gli consentono di essere competitivo rispetto agli “avversari”. Ci sono settori in cui le regole europee impongono un’unica strada per raggiungere gli obiettivi, trasmettendo di fatto il messaggio che ricerca, ingegno, talento e capacità di anticipare siano inutili. Inoltre, l’intera filiera del credito è stata regolamentata attribuendo alle banche il ruolo che prima spettava al mercato: oggi non conta più l’idea, ma la sua capitalizzazione. Un’idea è considerata vincente non se lo dicono i consumatori, ma se chi la propone ha già le spalle larghe o qualcuno che gliele copre finanziariamente. Mi pare evidente che chi parli di rischio europeo di deindustrializzazione abbia le sue ragioni e che senza produttori non possa esserci crescita economica. In Lombardia abbiamo l’ambizione di continuare a guidare lo sviluppo e l’economia e, in parallelo, di farlo tutelando l’ambiente: chiediamo solo che ci venga consentito.

Il presupposto, ovviamente, è che nessuna azienda può lavorare in perdita: è quindi necessario mettere le imprese europee nelle condizioni di operare con margini e libertà, requisiti indispensabili perché possano spingere sulla transizione senza rischiare di scomparire. Chiamatela “libertà d’azione”, “neutralità tecnologica”, “libertà tecnologica”, ma senza questo cambio di impostazione la Lombardia non soddisferà le sue ambizioni. Chi scrive rappresenta un tessuto produttivo che deve affrontare, oltre ai maggiori costi energetici, una forte competizione interna alla Ue dove regioni che – come la Lombardia – trainano il Pil europeo possono contare su maggiore autonomia, competenze e risorse grazie a un assetto nazionale di tipo federalista. Ciò significa più velocità d’azione senza l’attesa di tempi ‘romani’ e maggiori strumenti strategici a supporto dello sviluppo. Ai danni già causati dalla precedente Commissione Europea – e non corretti dall’attuale – si aggiunge ora il rischio di perdere, a causa della centralizzazione statale, l’unico vero raccordo tra l’Ue e i territori: i fondi di coesione e sviluppo.

Senza un dialogo con territori e regioni, a Bruxelles sarà difficile prendere decisioni realistiche: il caso dell’automotive lo dimostra.

Il tempo per cambiare regole e strade intraprese è poco per cui noi ci aspettiamo che la Commissione corregga i clamorosi errori fatti e certificati dal mercato. Di certo non staremo a guardare, anche perché il tempo è davvero denaro e, senza cambiamenti, rischiamo di raccontare il più grande suicidio della storia economica. Siamo la prima regione manifatturiera d’Europa e vogliamo continuare ad esserlo: chiediamo solo le condizioni per poter lavorare, anticipare i tempi e capitalizzare l’entusiasmo e le idee dei nostri giovani. Correggere regole inefficaci e imposizioni irrealistiche non significa aggirare gli obiettivi ambientali, ma consentire a ingegno, innovazione e ricerca di contribuire al loro raggiungimento, tutelando al contempo imprese, occupazione e competitività. Vogliamo correre ma siamo frenati da un’impostazione illiberale, rigida, burocratica e non contingente. Siamo al bivio, non è più tempo di posizioni strumentali e ideologiche, bisogna agire.

* Guido Guidesi – Assessore sviluppo economico Regione Lombardia


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