La serie C perde i pezzi e Gravina promette: “Ora la riforma”
Due club, Taranto e Turris, non finiranno nemmeno la stagione, falsando così (o quantomeno inquinando) il campionato. Altre due società, Lucchese e Messina, sono con l’acqua alla gola e faticano a pagare stipendi e contributi. Tutte piazze importanti che rischiano di scomparire dalla geografia del calcio e ricominciare da zero.
Che succede alla serie C, alla Lega Pro? C’è da dire che il presidente-giornalista Matteo Marani, che ben conosce il mondo del pallone, ha fatto un lavoro importante in questi anni (non solo di immagine ma anche di “ripulitura” del sistema). Ma non basta. Sessanta club sono troppi. Ma non è solo un problema della terza Lega: è un problema di tutto il calcio italiano. Cento club professionistici sono troppi: l’ideale sarebbero 18 società in A, 18 in B e 40 in C. Ma la A ha già detto che non se ne parla nemmeno di scendere a 18, 20 sono e 20 resteranno. Allora che si fa? Si taglia solo in C?
Gabriele Gravina ha di recente spiegato che “la situazione è diventata insostenibile. Le criticità economico-finanziarie che riguardano tutto il calcio si acuiscono in modo particolare in Lega Pro, imponendo una riflessione seria. Mi appello al senso di responsabilità delle componenti federali affinché tutti facciano la propria parte: torniamo a discutere di una riforma, magari partendo dalla bozza che ho proposto un anno fa e senza arroccarsi dietro il cosiddetto diritto d’intesa, che abbia l’obiettivo di rendere finalmente sostenibile il calcio italiano”. Gravina aveva promesso la riforma dei campionati, utopia rincorsa da tanti presidenti, magari passando attraverso un’assemblea straordinaria: poi tutto si era fermato, troppi gli interessi e i veti.
Ora il n.1 del calcio è più forte che mai: è arrivato davvero il momento di scuotere l’intero sistema. Il presidente della Figc, appena rieletto con proporzioni bulgare, ha convocato un consiglio federale per mercoledì 27 febbraio (il giorno dopo la Covisoc dirà che Taranto e Turris non possono continuare la stagione ma si sapeva già a giugno delle scorso anno che erano in crisi: come mai sono state iscritte?). Oltre alla conferma dei due vicepresidenti Figc (Calcagno vicario e Ortolano) nel segno della continuità, si parlerà, per forza, di questa situazione pesante, forse anche drammatica, del nostro calcio, proprio a partire dalla C.
Si spende troppo rispetto a quello che si guadagna. Stipendi folli anche in Lega Pro e molti club in crisi di liquidità già a metà stagione. Ci sono proprietà (11 straniere in A, un record) di cui si sa troppo poco. In Lega Pro ad esempio di un club non si sa nemmeno chi è il proprietario. Una follia. La Figc da sola non ce la può fare a controllare. Dov’è il governo che aveva promesso di aiutare il calcio? Andrea Abodi, il ministro, si impegna e di sport ne capisce, ma i tempi della politica sono questi, lunghissimi.
Marani ci sta a fare la sua parte, ma non vuole che sia la C a pagare per tutti. “Noi siamo pronti -ha spiegato -a rendere ancora più severi e stringenti i criteri di iscrizione al campionato”. Previsti dal piano industriale della Federcalcio indicatori più pesanti per iscriversi dalla stagione 2027-26 ma vista la situazione forse sarebbe il caso di anticipare (anche perché in futuro le tv non pagheranno come adesso). “La Lega Pro – ha detto ancora il suo presidente – è consapevole delle criticità economico-finanziarie che riguardano il calcio italiano. Il tema è di vecchia data, almeno ventennale: alcune cose sono state riformate ma ne servono altre di tipo strutturale. Come Lega Pro abbiamo dato la nostra disponibilità al presidente federale per quanto riguarda le iscrizioni ai campionati. Altra esigenza, anche con l’aiuto del governo, è quella di creare un sistema di selezione sulle nuove proprietà, garantendo una sostenibilità e una trasparenza maggiore. Confidiamo che il calcio italiano, tutto unito, possa migliorare la propria salute. Personalmente, nell’ultima assemblea federale, ho ricordato che il calcio italiano perde 700 milioni di euro all’anno, ai quali la Serie C concorre in minima parte (un centinaio di milioni, ndr)”.
Un segnale: tutti facciano la loro parte sostiene Marani. Il compito di Gravina, adesso, è quello di mettere d’accordo il sistema-pallone. Compito per niente facile. Chi convincerà ad esempio i calciatori che dovranno guadagnare di meno?
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