La scuola non è un mercato”, come Nuccio Ordine ci invita a educare cittadini liberi, oltre l’ossessione degli sbocchi professionali, difendendo musica, letteratura, arte e la scienza di base dall’utilitarismo: “Non si va al liceo per un diploma

Nuccio Ordine ci ha lasciato, ormai, più di un anno e mezzo fa. Storico della letteratura e studioso del Rinascimento e di Giordano Bruno, è stato professore all’Università della Calabria e autore de “L’utilità dell’inutile”, con ampia diffusione internazionale. Tanti hanno sottolineato il lascito civile e didattico.
Nel suo intervento pubblico più noto, intitolato “La scuola non è un mercato”, Nuccio Ordine ha ribadito che la scuola e l’università non possono essere ridotte a fabbriche di titoli, ma devono formare “cittadini liberi” capaci di pensare con la propria testa, oltre la logica dello sfruttamento utilitaristico del sapere. “Non si va al liceo per un diploma, né in università per una laurea”, ripeteva, chiedendo di mettere al centro i valori democratici, la solidarietà e la giustizia come cuore della missione educativa, al posto dell’ossessione per gli sbocchi professionali immediati. In aula, sosteneva, i docenti non devono “formare polli di batteria”, ma “eretici” nel senso etimologico: persone capaci di scegliere, elaborare, dissentire con metodo e responsabilità civile.
Autore del saggio di riferimento “L’utilità dell’inutile”, Ordine ha costruito un argomento solido: discipline considerate “inutili” perché non generano profitto — come musica, letteratura, arte, studi classici e scienza di base — sono in realtà indispensabili per un’umanità più umana e per lo sviluppo di lungo periodo. Nelle “democrazie mercantili”, avvertiva, il culto dell’utilità rischia di erodere memoria, umanistica, lingue classiche, libera ricerca, fantasia, arte e pensiero critico, impoverendo la scuola e l’orizzonte civile che dovrebbe ispirare ogni attività educativa. “Non è vero — neanche in tempo di crisi — che è utile solo ciò che produce profitto”: l’educazione disinteressata, citando classici e maestri, è la condizione per difendere dignitas hominis, verità e amore.
Per Ordine l’ignoranza è una “fortezza senza ponte levatoio”: chiusura che alimenta razzismo, fondamentalismo, intolleranza e corruzione, nemici strutturali della convivenza democratica che la scuola deve contrastare con il sapere e l’educazione civica sostanziale. L’invito rivolto a studenti e docenti è netto: studiare non “per superare un esame”, ma per passione, affinare il giudizio e costruire una cittadinanza vigile, capace di leggere il presente con gli strumenti dei classici e della scienza. La missione pubblica dell’istruzione torna ad essere un bene comune, immune dalla retorica del “tutto si compra”, e fondata su una scuola che educa alla libertà e non al conformismo.
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