Toscana

“La ricerca di armonia come via artistica ed esistenziale”. Intervista a Maria Borio














Maria Borio è nata nel 1985. Ha scritto su Vittorio Sereni, Eugenio Montale e diversi poeti contemporanei, e ha pubblicato la monografia Satura. Da Montale alla lirica contemporanea (Serra 2013). Cura la sezione poesia di «Nuovi Argomenti». Sue poesie si leggono nel «XII Quaderno di poesia italiana contemporanea» (Marcos y Marcos 2015). Ha pubblicato inoltre la plaquette Laltro limite (pordenonelegge-LietoColle 2017) e una raccolta nella collana «Lyra giovani» di Franco Buffoni (Interlinea 2018).


La sua è considerata una delle voci poetiche più interessanti del panorama letterario contemporaneo, l’abbiamo intervistata per conoscere meglio la sua produzione e addentrarci nella vivo della sua ricerca poetica.


Poeta e saggista, nonostante la tua giovane età, hai alle spalle interessanti pubblicazioni e rappresenti oggi una delle voci poetiche più originali del panorama letterario. Vorrei dunque chiederti, quali sono i temi fondamentali della tua ricerca poetico-letteraria? Cosa ciò che più ti ispira? “La ricerca di armonia, come strategia nell’espressione e nell’esistenza.”


Di recente hai curato la raccolta Cinquantacinque poesie di Emily Dickinson per Crocetti editore, delle quali sei peraltro co-traduttrice. Puoi raccontarci brevemente com’è nato questo importante progetto? “Tradurre è cucire i riflessi tra le due parti. Ci sarà sempre un’asimmetria, ma è proprio sull’asimmetria che si basa l’equilibrio. Le lingue sono in equilibrio le une con le altre. All’origine della civiltà, poche sillabe accomunavano tutti e non c’era bisogno di equilibrio. Aumentando l’articolazione di parole e pensieri, con l’avanzare della nostra storia, abbiamo imparato a scorrere, oscillare e resistere. L’aspetto più curioso di questo processo è che, anche se crediamo di controllare il flusso nel momento in cui raggiungiamo l’equilibrio, è il flusso che ci contiene e sorregge, come quando D. F. Wallace diceva di capire che “This is water”, cioè che ci muoviamo come pesci nell’acqua in un elemento per noi invisibile, ma che consente di esistere. Così pensiamo di riconoscere i significati delle parole e di controllarli, ma spesso ci inganniamo: un nuovo riflesso può arrivare da dietro l’angolo con le sue probabilità ed è naturale e necessario. Queste probabilità, che spesso non vediamo, mantengono generativa la nostra capacità di sentire e pensare, secondo una unicità che non dipende dal fatto che possiamo creare immagini e pensieri dal nulla, ma che riusciamo a percepire noi stessi nella storia, a trovare il nostro punto d’equilibrio fra le cose. Si tratta di imparare a resistere, ogni volta. Traducendo io stessa mi è capitato di provare qualcosa di simile. Ho lavorato, insieme a Jacob Blakesley, alla scelta di poesie di Dickinson, fatta da Jorie Graham, appena uscita in Italia. Il ritmo sincopato di Emily produce effetti sobbalzanti, di scarto, che in italiano possono essere riprodotti prestando attenzione alla punteggiatura e al linguaggio concreto, articolato fra lirica e ironia. Essere fedeli alla tenacia con cui questa intellettuale donna, all’avanguardia per il suo tempo e a lungo mal compresa, interroga il mondo e se stessa, è stata una prova di equilibrio e una lezione gnoseologica. Penso a un prisma, lo stesso con cui Emily descriveva il sentimento d’amore: “The Love of Thee—a Prism be— Excelling Violet—”. Anche la luce che attraversa il prisma, passa per una resistenza: un incontro tra onde luminose e vetro, come quello tra due lingue o tra due poetiche. E resistere, in un modo o nell’altro, non è essere reciproci?”.


Di recente è stata ripubblicata, per Luigi Pellegrini editore, la raccolta L’altro limite con inediti, un testo incredibile per potenza espressiva e profondità filosofica. Nel testo la dimensione del ritmo – di cui si parla anche nella prefazione – è essenziale e la poesia si fa immagine e suono, capace di trascinare con sé. Se ti fosse chiesto, di cosa parla “L’altro limite”, cosa risponderesti? “Nel riorganizzare la raccolta mi sono resa conto dello scarto tra una narrazione lirica biografica, che c’era all’inizio, e una ricerca gnoseologica plurale, nella versione finale. Ho perso gradualmente molti pezzettini di me stessa. Il titolo parla del problema delle relazioni. Il limite “altro” è sempre concreto. Letteralmente: “l’altro” tende a rileggere la soggettività antropocentrica in senso relazionale, a ripensare il nostro modo di stare al mondo come frazioni di un sistema potenzialmente illimitato, a perdere noi stessi nel senso di accettare la nostra povertà, le nostre dimensioni circoscritte, rispetto a tutto ciò che può voler dire “altro” e perciò ha un valore potenzialmente infinito. È un infinito rovesciato e de-idealizzato. Non siamo noi che lo guardiamo, ma siamo guardati. Potrei aggiungere che si tratta di una condizione in cui siamo osservati dall’umano e dal non umano, come se fossimo sospesi dentro la luce scura che pervade l’esistenza: una luce invisibile che tuttavia nutre le nostre cellule. Avete presente il fenomeno fisico della luce scura, che si è generata dopo il Big Bang? In fondo, non saremo mai autonomi, cioè non possiamo bastare davvero a noi stessi, siamo creature fragili; ma possiamo essere autentici se accettiamo che la nostra sostanza – pensieri, cellule e storie – risponde sempre a qualsiasi cosa sia altro.”  


Infine vorrei chiederti una tua opinione sul panorama poetico italiano contemporaneo: come lo valuti? Quali le tendenze più interessanti, a tuo parere? Vorrei altresì concludere il nostro dialogo con i tuoi progetti futuri. “Spero che le persone della mia generazione e di quelle più giovani della mia riescano a diventare davvero madri e padri – nel pensiero e nel cuore – il prima possibile.”



























Source link

articoli Correlati

Back to top button
Translate »