La relazione tossica di Corinna, il mondo di tradimenti scoperto da Elisa: «Così ogni donna può leggere la propria storia attraverso quella delle altre»
Corinna è una professionista brillante, ma, dismessi i panni della manager impeccabile, tra le mura della sua abitazione riecheggia la solitudine. Sognava una relazione, ma a 49 anni si è ritrovata sola, schiacciata dal peso della vita lavorativa. In realtà, a irraggiare la sua routine, in cui le sue emozioni erano diventate invisibili, per un periodo era sopraggiunto Raul, un insegnante di ballo che aveva risvegliato in lei un’allegria repressa. Ben presto, però, ad affiancare la passione travolgente sono arrivati giudizi negativi sul suo aspetto fisico e sul suo carattere. Corinna doveva tenere a bada le sue manifestazioni d’affetto, rispettando le regole dettate da Raul: non poteva telefonargli, inviargli sms, fargli regali né tantomeno pretendere di fare programmi insieme. Lei obbediva silenziosamente, consapevole del fatto che fosse sposato. Ogni regola trasgredita rappresentava un fallimento personale. Reduce dalla scomparsa improvvisa dei genitori, viveva con una costante paura della perdita e dell’abbandono, che riversava anche nelle relazioni sentimentali. Per lungo tempo si è annullata, sottacendo ogni emozione, finché l’insicurezza e la sofferenza hanno preso il sopravvento, costringendola a mettere un punto alla relazione tossica.
Elisa, invece, viveva una relazione idilliaca con il compagno Andrea, affermato medico, quando, pochi anni dopo la nascita del loro primo figlio, attraverso lo schermo del cellulare ha scoperto un mondo di tradimenti e bugie. Il compagno ha cercato di sminuire ogni messaggio o foto audace ricevuta, giustificandolo come un modo per scaricare la tensione, sino a manipolarla psicologicamente e biasimare le sue reazioni. Elisa era arrivata ad addossarsi ogni colpa: ha creduto di non essere abbastanza per lui, di essere troppo trasandata dopo la nascita del figlio. Ha pensato che per essere amata dovesse amputare le sue emozioni, adattandosi all’umore e alle esigenze del suo compagno. Non è stato semplice prendere consapevolezza dell’urgenza di troncare una relazione dannosa e riappropriarsi della propria autonomia.
Vittoria era un’adolescente quando si è infatuata di un avvocato, molto più grande di lei, che stava seguendo la pratica di divorzio dei suoi genitori. Cresciuta nell’indifferenza di una famiglia concentrata su risultati da ottenere e ostentare, non appena ha ricevuto una piccola attenzione da quel professionista affascinante, ha cercato di creare occasioni per rivederlo. Tanto che, tre anni dopo, si è iscritta alla facoltà di giurisprudenza dove lui insegnava, per poi chiedergli di diventare praticante nel suo studio legale. Un climax di dipendenza affettiva ha portato Vittoria a lasciarsi guidare da ogni decisione di colui che, ben presto, è diventato il suo amante. Sì, amante, in quanto lui era sposato. In realtà, più che incontri amorosi sembravano raptus sessuali da consumarsi in fretta. Ma per lei erano attimi preziosi rubati ai suoi innumerevoli impegni. A far incrinare la relazione furtiva, la scoperta di rapporti fugaci anche con altre ragazze. In quel momento, percependo la reazione di Vittoria, l’aitante avvocato ha deciso di allontanare quella che per lui rappresentava soltanto una ragazzina a cui aveva dato una mano. C’è voluto parecchio tempo prima che Vittoria riuscisse a diventare consapevole dello sbilanciamento assoluto di quel rapporto, dando un nome alla dinamica relazionale fondata sullo squilibrio di potere.
Sono soltanto alcune delle protagoniste del libro Come fossi una bambola, edito da Mondadori, in cui l’autrice e conduttrice televisiva Francesca Fialdini, affiancata dallo psicoterapeuta Massimo Giusti, racconta storie di chi ha vissuto relazioni fondate sulla dipendenza affettiva che non lascia segni sulla pelle, ma, giorno dopo giorno, costruisce prigioni invisibili e soffocanti.
«Ho deciso di dare a queste donne il centro della scena per raccontare il momento del risveglio, in cui sono riuscite finalmente ad aprire gli occhi per capire cosa hanno sopportato nel luogo in cui dovrebbero sentirsi più al sicuro: il cuore. Ma anche per permettere a ogni donna di leggere la propria storia attraverso quella degli altri, rivedendosi in vicende che solo in prima istanza crediamo non ci possano appartenere, ma invece ci rispecchiano più di quanto possiamo immaginare» dichiara Fialdini, sempre attenta alle tematiche sociali.
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