La promessa di Claire Throssell ai suoi figli, uccisi nell’incendio appiccato dal padre violento: «Nessun altro bambino morirà più come voi»
Jack, 12 anni, è morto pensando di avere salvato la vita di suo fratello Paul, 9. Mentre era in ospedale, lottando fra la vita e la morte, Claire Throssell, la mamma, non ha avuto il coraggio di dirgli la verità, di rivelargli che il fratellino non ce l’aveva fatta, ed era morto tra le fiamme dell’incendio appiccato dal loro padre, durante una visita concessa da un tribunale.
Era l’ottobre del 2014. Darren Sykes aveva attirato i suoi due bambini in soffitta, nella sua casa di Penistone, nel South Yorkshire, con la scusa di mostrare loro un nuovo trenino elettrico, poi aveva sprangato le porte e acceso quattordici fuochi in tutta la casa, usando gli oggetti personali di Claire. Poi si è tolto la vita.
Dietro quella tragedia c’era una lunga storia di allarmi inascoltati. Nonostante le denunce e gli avvertimenti di Claire Throssell, un giudice aveva stabilito che il padre potesse vedere i figli senza supervisione. La decisione del tribunale si basava su un principio introdotto nella Children and Families Act del 2014, secondo cui è considerato nell’interesse del minore mantenere un rapporto con entrambi i genitori dopo la separazione. Una norma pensata per favorire la co-genitorialità, ma che, come denunciato da molte associazioni e dalla stessa Claire Throssell, spesso si è rivelata pericolosa per i bambini vittime di genitori violenti.
«Avevo detto ai giudici che li avrebbe uccisi. L’avevo detto», spiega al Guardian Claire Throssell. «Non potevo prevedere come, ma sapevo che lo avrebbe fatto. Eppure sono stata ignorata, resa invisibile».
La decisione del tribunale aveva sottovalutato anche le paure dei bambini. Paul aveva raccontato agli assistenti sociali che il padre lo costringeva a restare seduto a tavola finché non finiva i piselli, anche se gli veniva da vomitare. Ma la corte concesse comunque cinque ore di contatto non sorvegliato.
«Sfido qualunque giudice a guardare due bambini che piangono, che si aggrappano a te, che tremano e ti dicono che non vogliono andare dal padre», ha raccontato la mamma. «E poi a vedere come ti senti tu, come genitore, quando devi dirgli: “Dovete andare”». Dopo ogni visita, servivano ore per riportare la calma. «Ci voleva almeno un giorno per farli sentire di nuovo al sicuro, per farli sorridere di nuovo, perché versavano sempre tante lacrime».
Quel giorno, Claire arrivò a casa appena cinque minuti dopo che l’ex marito aveva preso i bambini. «Sono tornata tardi dal lavoro. Ho perso quell’ultimo abbraccio». Quindici minuti più tardi, qualcuno bussò alla porta. «C’era un poliziotto fuori, e la macchina lampeggiava in mezzo alla strada. Ho capito subito. Ho chiesto: “Che cosa ha fatto?”».
Quando raggiunse l’ospedale pediatrico di Sheffield, i medici cercavano di rianimare Paul. Poco dopo, i dottori le dissero che non potevano fare più nulla. Jack, sopravvissuto inizialmente alle fiamme, raccontò ai soccorritori: «È stato il mio papà. L’ha fatto apposta». Cinque giorni dopo morì anche lui. «Pensava a me e a suo fratello. È morto credendo di aver salvato Paul, e io non gli ho mai detto il contrario».
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