La piccola rivoluzione culturale chiamata UnicalVoice
UnicalVoice è un micro modello che ha tutte le potenzialità per essere replicato: una piccola rivoluzione culturale
Sono sguardi attenti, allegri e curiosi quelli dei ragazzi che hanno visto arrivare il direttore Massimo Razzi sul ponte Bucci, al campus di Arcavacata. Lui si tuffa tra i giovani, ci sguazza, strillona, promuove, loro lo osservano come se fosse la più grande lezione di giornalismo moderno possibile. Ed è forse così. “UnicalVoice” non è solo un semplice giornale degli studenti, ma una piccola rivoluzione culturale. Perché un martedì sì e uno no, tra quei cubi succedono cose strane.
La più bella è la “resurrezione della carta stampata”. Quel mezzo di informazione che tutti danno per morto, spacciato, mummificato. Quelle pagine che si vorrebbero chiudere nello scatolone del vintage, come un bel ricordo da lasciare a prendere polvere nelle biblioteche e negli archivi storici, d’un tratto si animano, prendono vita, girano ovunque.
Le notizie de “l’Altravoce il Quotidiano” e di “Unical Voice” tra quei cubi circolano, invece, quasi più veloci di una banda larga, da una mano all’altra, entrando a gamba tesa proprio nella categoria sociale più complessa da conquistare in questo senso: le giovani generazioni.
La risposta è sorprendente. C’è chi acquista la copia perché realmente interessato a leggere o a scrivere, chi si lascia avvolgere dalla curiosità, chi apprezza la bontà di uno spazio di massima libertà di espressione per i ragazzi. Che spesso vedono schiacciate le proprie idee da quelle dei “dinosauri” che popolano il pianeta in ogni settore della vita pubblica, politica e mediatica. Ed è proprio da qui, dal cuore, dalla culla calabrese della scienza e della cultura, che si solleva un’ondata di entusiasmo, che ha l’ambizione di diventare un modello da raccontare all’Italia dal Salone del Libro di Torino.
Un micro modello che ha tutte le potenzialità per essere replicato. Si parte da una sana autocritica: i media devono abbandonare le “torri d’avorio” delle redazioni, tornare in strada e riscoprire l’unico interlocutore, l’unico protagonista diretto e indiretto del nostro lavoro: il cittadino. Ma il mondo si evolve, si trascina tra la comodità di poter essere informati sul proprio divano con un clic e la rapidità frenetica di ritmi diversi rispetto al passato.
Perciò, se manca la voglia o il tempo di recarsi in edicola, questo piccolo esperimento ha dimostrato, numericamente e dati alla mano, che può essere il giornale a raggiungere il lettore. Basta solo sapersi inventare nuovi metodi di diffusione. Magari, perché no, ripescando negli anni dello strillonaggio, facendo qualche passo indietro come rincorsa per andare avanti. Esattamente come accade per esempio con quel vestito anni ’40 che si ha nell’armadio: lo sanno tutti che prima o poi tornerà di moda e funzionerà.
Tutto questo suona come un’utopia? Può darsi. Ma anche l’idea di un giornale universitario accolto all’interno di una testata lo sembrava. E invece è diventato realtà. Oltre che un momento storico e un fiore all’occhiello di innovazione e progresso intellettuale per una terra difficile come la Calabria. Così come reali sono i giovani, di 18-20 anni, che sfogliano di nuovo un giornale sulle panchine, alla fermata del bus, al tavolino di un bar, dopo due ore di lezione. Giovani che scrivono, impaginano, che hanno voglia di raccontarsi e raccontare. Che hanno voglia di far sentire finalmente la propria voce: una voce diversa e alternativa, creativa, pura e genuina. Ce n’era bisogno anche qui.
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