Emilia Romagna

La pace può essere frutto di un grande progetto politico


Un messaggio di pace e di speranza. Questo è quello che ha voluto comunicare l’arcivescovo di Ravenna-Cervia, Lorenzo Ghizzoni, nel corso dell’omelia per il giorno del patrono Sant’Apollinare, tenutasi mercoledì nella basilica di Classe. “Vista la drammaticità delle guerre e delle distruzioni sia delle città che dei territori e dell’ambiente, che stiamo vivendo in diverse aree del mondo, anche in Europa e nel vicino oriente, mi sembra necessario ribadire che oggi il dovere principale della azione politica è il servizio alla costruzione della pace”, ha detto l’arcivescovo.

“Abbiamo bisogno di una “migliore politica” al servizio della Pace, secondo il messaggio che ci ha lasciato papa Francesco, lungo tutto il suo Pontificato, soprattutto in quella enciclica ricca, densa e profetica che è la Fratelli Tutti,1 sulla fraternità e l’amicizia sociale. Ne raccolgo alcuni spunti dai Messaggi per la giornata della Pace e dal suo magistero – ha aggiunto monsignor Ghizzoni – Dobbiamo partire da Gesù stesso che disse ai suoi primi inviati: ‘In qualunque casa entriate, prima dite: Pace a questa casa!’. Offrire la pace a tutti, uomini e donne, giovani e anziani, a ogni persona, senza distinzioni né discriminazioni: è il centro della missione dei discepoli di Cristo. La pace va augurata e data a ogni “casa”, cioè a ogni famiglia, ogni comunità, ogni Paese, ogni continente, rispettandone l’identità e la storia”.

Le virtù etiche per una buona politica

“Ma in questo senso, non solo l’impegno religioso ed etico dei credenti, ma la stessa azione politica è uno strumento fondamentale per costruire una città degli uomini che sia caratterizzata da una civiltà giuridica e da una cultura diffusa a servizio della promozione dell’uomo. Quando però la politica non è vissuta come servizio alla collettività umana, alla dignità e alla vita di tutti, può diventare strumento di oppressione, di emarginazione e persino di distruzione – continua l’arcivescovo – Abbiamo sentito nel Vangelo: ‘Se uno vuol essere il primo – dice Gesù – sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti’. Infatti, la funzione e la responsabilità politica costituiscono una sfida continua per tutti coloro che ricevono il mandato di servire il proprio Paese, di proteggere quanti vi abitano e di lavorare per porre le condizioni di un avvenire degno e giusto. Se attuata nel rispetto fondamentale della vita, della libertà e della dignità delle persone, la politica può diventare veramente una forma alta di carità. E, se rispetta il prossimo, rispetta anche Dio; se non lo fa, offende anche Dio”.

“È un impegno nel quale si possono ritrovare tutti i politici, di qualunque appartenenza ideale, culturale o religiosa che, insieme, desiderano operare per il bene della famiglia umana, praticando quelle virtù etiche che definiscono la buona politica: la giustizia, l’equità, il rispetto reciproco, la sincerità, l’onestà, la fedeltà. La buona politica così è al servizio della pace; essa rispetta e promuove i diritti umani fondamentali, che esigono ugualmente i reciproci doveri. Disse a un gruppo di giovani avviati all’impegno politico, Papa Francesco: La vostra preoccupazione non sia il consenso elettorale né il successo personale, ma coinvolgere le persone, generare imprenditorialità, far fiorire sogni, far sentire la bellezza di appartenere a una comunità. La partecipazione è il balsamo sulle ferite della democrazia. Vi invito a dare il vostro contributo, a partecipare e a invitare i vostri coetanei a farlo sempre con il fine e lo stile del servizio. Il politico è un servitore”.

I vizi della politica

“Purtroppo però, accanto alle virtù, anche nella politica non mancano i vizi”, afferma Ghizzoni, riprendendo le parole di papa Francesco – che indeboliscono l’ideale di un’autentica democrazia, sono la vergogna della vita pubblica e mettono in pericolo la pace sociale. E cioè: la corruzione, in tante forme, il non rispetto delle regole comunitarie, l’arricchimento illegale, la giustificazione del potere mediante la forza o col pretesto della “ragion di Stato”, la tendenza a perpetuarsi nel potere, la xenofobia verso gli stranieri e il razzismo verso altre etnie, lo sfruttamento illimitato delle risorse naturali per un profitto immediato, il disprezzo di coloro che sono stati costretti all’esilio. La buona politica promuove la partecipazione dei giovani e la fiducia nell’altro. Quando, invece, la società tutta si impegna nell’incoraggiamento soprattutto dei giovani più capaci e delle vocazioni alla politica che chiedono di realizzarsi, anche la pace si diffonde. Crea una atmosfera di fiducia dinamica nella possibilità di lavorare insieme per il bene comune. La politica è per la pace quando si esprime nel riconoscimento dei carismi e delle capacità di ogni persona”.

“Una fiducia che non è mai facile da vivere perché le relazioni umane sono complicate. In particolare, viviamo in questi tempi in un clima di sfiducia e di aggressività che si radica nella paura dell’altro o dell’estraneo, nel timore di perdere i propri vantaggi, e si manifesta purtroppo anche a livello politico, attraverso atteggiamenti di superiorità, di chiusura o nazionalismi che mettono in discussione quella fraternità di cui il nostro mondo globalizzato ha davvero bisogno. Abbiamo ricordato da poco l’anniversario della strage di Srebrenica, nella ex Iugoslavia, ma quanti genocidi, pulizie etniche, persecuzioni religiose vediamo nei nostri anni, anche in Europa. Oggi sempre più le nostre società chiedono artigiani della pace che possano essere messaggeri e testimoni del Dio della pace che vuole bene a tutta la famiglia umana, che ‘non ha bisogno di essere difeso da nessuno e non vuole che il suo nome venga usato per terrorizzare la gente'”.

Contro la guerra e l’equilibrio della paura

“In Europa dopo le due guerre mondiali, mentre ricordiamo le masse di giovani caduti, le popolazioni civili dilaniate, i bambini vittime innocenti, conosciamo il terribile insegnamento delle guerre fratricide, cioè che la pace non può mai ridursi al solo equilibrio delle forze e della paura – ha aggiunto Ghizzoni – È la ragione per la quale la Chiesa, pur ammettendo la legittima difesa, afferma che il ricorso crescente ai conflitti per ragioni ideologiche o per interessi, un sistema economico internazionale che si nutre delle guerre e perciò le sostiene, così come la produzione incontrollata delle armi, sono scelte contrarie alla morale umana universale e alla ricerca di quelle soluzioni concordate che porterebbero allo spegnersi dei conflitti. Il terrore esercitato sulle persone più vulnerabili contribuisce poi all’esilio di intere popolazioni ridotte a migranti e profughi, alla ricerca di una terra di pace e di nuove speranze. Ci ferisce in modo particolare la situazione dei bambini che sono traumatizzati, feriti, mutilati o rapiti, nelle zone di conflitto, dove non si proteggono le loro vite e i loro diritti. Si dice che nel mondo un bambino su sei sia colpito dalle violenze delle guerre, quando non è arruolato per diventare egli stesso soldato. La testimonianza di quanti si adoperano per difendere la dignità, il rispetto e la cura dei bambini è quanto mai preziosa per il futuro dell’umanità”.

“Il magistero dei Papi negli ultimi decenni, ha affermato che la pace può essere frutto solo di un grande progetto politico che deve toccare tutti gli Stati e gli organismi sovranazionali, i sistemi economici e deve fondarsi sulla responsabilità reciproca e la coscienza della interdipendenza di tutti gli esseri umani – conclude l’arcivescovo – Ma perché non resti solo una utopia, un sogno, questa è anche una sfida che chiede di essere accolta giorno dopo giorno da ciascuno di noi. La pace esige una conversione interiore e comunitaria del cuore e dell’anima. Deve essere pace con sé stessi, rifiutando l’intransigenza, la collera e l’impazienza; pace con l’altro: il familiare, lo straniero, il povero, l’avversario; pace con il creato, riscoprendo la grandezza del dono di Dio e la responsabilità di ciascuno, come abitante del mondo”.


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