«La mia Barth, 100 dipendenti e arredi venduti in 70 Paesi» – Bressanone
BRESSANONE. Non è un’azienda qualsiasi. Lo si percepisce già da lontano, quando gli occhi si posano sulla figura umana scolpita nel ferro da Antony Gormley, in piedi su un bordo del tetto dell’edificio che ospita la sede. O sui due silos-installazioni d’arte firmati da Eva Schlegel e Esther Stocker che contengono il truciolare derivato dalla lavorazione del legno, destinato ad alimentare il sistema di teleriscaldamento . O, ancora, quando si viene accolti alla reception accanto al tronco di Georg Baselitz che alla mano si rivela in metallo. La Barth di oggi è la creatura di Ivo Barth, 61 anni, imprenditore illuminato e collezionista entusiasta, che intreccia lavoro e amore per l’arte contemporanea in un moto continuo che crea valore aggiunto per dipendenti, committenti e fornitori.
Come è iniziata la storia della Barth?
Siamo un’azienda familiare nata a Bressanone nel 1877, ora siamo arrivati alla quinta generazione, io rappresento la quarta e mio figlio Max la quinta. Siamo nati come falegnameria d’artisti, specializzati soprattutto nella produzione di altari da chiesa, che richiedevano in laboratorio la presenza di falegnami ma anche di scultori e la capacità di produrre in casa dettagli come le cerniere.
Clientela esclusivamente locale?
No, assolutamente no. Il mio bisnonno e mio nonno lavoravano già con gli Stati Uniti, anticipando quella che poi è stata la nostra vocazione internazionale. Il laboratorio si trovava vicino all’Hotel Elephant e gli ospiti stranieri dell’albergo e del ristorante passando davanti alla Barth di allora vedevano come si lavorava lì dentro e si innamoravano della capacità produttiva, che avevano già apprezzato negli interni dell’hotel. Così è iniziata la nostra storia di esportazione.
Lei quando è entrato in azienda?
Nel 1987, portando con me l’ossessione di fare degli arredi completi d’ interni, quindi non solo il legno in cui eravamo specializzati , ma tutti gli altri materiali, vetro, ottone, alluminio, laminati, ferro, pelle. Per me era fondamentale dare ai clienti gli arredi completi in modo che architetti o i clienti stessi non dovessero andare da 5 o 6 fornitori. Qui ora lavoriamo tutti i materiali che ci servono, abbiamo la falegnameria, il fabbro, lavoriamo il vetro e i vari metalli, la pelle e la pietra.
Suo padre che disse di questa sua idea?
Mio padre è un uomo molto intelligente e mi ha lasciato fare quello che volevo. E ha fatto bene. Quando sono subentrato a lui avevamo 12 dipendenti, oggi sono più di 100. Il futuro sarà nelle mani di mio figlio che ha 34 anni e lavora qui da 10 anni. È molto bravo, ma ereditare un’azienda con 100 dipendenti è una grande responsabilità.
Quali sono le vostre aree di intervento?
Produciamo arredi d’interni in diversi settori. Il primo è stato l’arredo di musei, settore in cui abbiamo debuttato 26 anni fa con il Museo di Scienze Naturali di Bolzano. Ad oggi siamo intervenuti in più di 300 musei in tutto il mondo. Tra gli ultimi il Museo di Storia Naturale dell’Università di Oslo e il Munch Museum nella stessa città e a Ratisbona il Museo di Keplero, piccolo ma molto bello.
Esattamente cosa fate per le strutture museali?
Produciamo e installiamo tutto quello che serve all’interno, dagli arredi alle teche. È un settore in cui abbiamo pochi competitor. Ora abbiamo vinto la gara per il Museo Botanico di Berlino: abbiamo presentato il progetto più costoso, ma abbiamo ricevuto l’incarico perché i nostri campioni erano molto più belli di quelli degli altri partecipanti alla gara. Stiamo lavorando di gran carriera perché l’apertura è in programma per il 27 marzo 2026. Nella capitale tedesca abbiamo già fatto altre realizzazioni, per esempio il Museo-memoriale di Berlin-Hohenschönhausen, l’ex carcere della Stasi. Ora in Germania c’è all’orizzonte un importante progetto a Bonn.
E oltre ai musei?
Oltre ai musei, c’è il settore negozi che arrediamo in tutto il mondo. Parliamo di moda, gioielli, orologi per marchi prestigiosi come Rolex, Tudor, Audemars Piguet, Buccellati, solo per fare qualche nome.
Altri ambiti in cui operate?
Lavoriamo per residenze private, auditorium e forum. E poi sedi di aziende, come Microsoft Italia e Technogym. In percentuale: al 55% il nostro business è dedicato ai negozi, al 25% ai musei e il resto agli altri settori.
Oltre che in Italia, in quali Paesi lavorate?
Abbiamo lavorato sinora in più di 70 Paesi. Nel 2025 siamo stati impegnati soprattutto in Canada e abbiamo ricevuto un incarico in Azerbaigian: ogni anno si presentano casi di nuovi Paesi in cui operare. È stimolante anche per i dipendenti.
A proposito di dipendenti, sono soprattutto locali o la Barth attrae professionalità anche dall’estero?
Il 98% dei nostri dipendenti sono locali, di Bressanone e dintorni, ma ne abbiamo anche 3 venuti dalla Germania, che lavorano in produzione e che hanno voluto trasferirsi qui perché amano l’Alto Adige e il nostro tipo di attività. Le donne sono il 22,3% della forza lavorativa. La nostra filosofia è dare tanto ai dipendenti perché decidano di rimanere da voi. Per fare realizzazioni di altissima qualità come quelle che facciamo noi, è importante avere collaboratori fedeli, che restano a lungo in azienda.
Il progetto del 2025 di cui è più orgoglioso?
Il negozio del gioielliere Schullin nella centrale Michealerplatz a Vienna, in un magnifico edificio storico che è sotto tutela dei Beni Artistici. Il risultato è straordinario.



