La memoria negata alle vittime di giustizia. Scoppia la polemica
Vittime di giustizia, un fenomeno agghiacciante che dal ’92 al 2024 ha registrato 31.727 casi. In media ci sono stati oltre 961 innocenti in custodia cautelare ogni anno.
Travolti da un insolito – e crudele – destino nel mare magnum degli errori giudiziari e dell’ingiusta detenzione. Mostri sbattuti in prima pagina e poi niente scuse, spesso niente risarcimento anche dopo la fatidica pronuncia di assoluzione «perché il fatto non sussiste».
VITTIME DI GIUSTIZIA, I NUMERI
Sono anni che si discute di un fenomeno agghiacciante che dal ’92 al 2024 ha registrato 31.727 casi. In media ci sono stati oltre 961 innocenti in custodia cautelare ogni anno.
Il tutto per una spesa complessiva di circa 901 milioni e 394 mila euro in indennizzi, alla media di circa 27 milioni e 314 mila euro l’anno. E c’è addirittura chi non ha mai visto un soldo.
IL CASO DI ROCCO FEMIA
È il caso di Rocco Femia, ex sindaco di Marina di Gioiosa, eletto nell’aprile del 2008 e arrestato insieme ad altri amministratori a maggio 2011 nell’ambito della maxi operazione antimafia «Circolo Formato». Un blitz nel cuore della notte con la moglie e i figli terrorizzati mentre lo portavano via, e ben 5 anni di carcere con accuse infamanti di associazione mafiosa e abuso d’ufficio poi completamente smontate dalla Cassazione.
«E ora mi è stato anche negato il risarcimento – racconta Femia – dopo che ho dovuto vendere la mia fiorente attività e la mia famiglia è stata fortemente penalizzata dal mio calvario giudiziario». A giugno sulla richiesta di risarcimento, necessario a Femia per ricominciare a vivere si pronuncerà la Cassazione. «Quale che sia la decisione io non mi arrenderò», assicura.
L’INDENNIZZO NEGATO AD UNA COPPIA DI TORINESI
Un caso non isolato purtroppo il suo. Anche a Bari una coppia di torinesi si è vista respingere la richiesta di risarcimento per ingiusta detenzione. Nel 2019 i due furono sospettati di essere gli autori di una rapina a una gioielleria di Cerignola. L’uomo trascorse in carcere 120 giorni, la donna – che aveva partorito da poco – venne messa ai domiciliari. Entrambi si dissero innocenti e furono scagionati da una perizia antropometrica.
I giudici però non hanno concesso l’indennizzo perché, a loro parere, i due sostennero la loro tesi con «inesattezze e imprecisioni macroscopiche». E ancora, la vicenda surreale di un giovane vicentino, sette mesi in galera da innocente e nessun diritto al risarcimento. La sua colpa fu di avere assistito a un pestaggio trasformatosi in rapina e di essere stato scambiato, in buona fede, da un testimone come il palo, e di non essere intervenuto per fermare l’agguato.
VITE AL MACERO E POCHI MAGISTRATI RICHIAMATI ALLE PROPRIE RESPONSABILITÀ
Tante vite al macero ma pochi magistrati richiamati alle proprie responsabilità sugli errori. Il deputato di Fi, Enrico Costa, da anni denuncia l’inefficacia della legge sulla responsabilità civile delle toghe. E snocciola i dati: «dal 2010 a oggi, su 815 cause intentate contro lo Stato per responsabilità dei magistrati, solo 12 hanno portato a condanne definitive, pari all’1,4% dei casi». Dall’altra parte ci sono le vittime.
VITTIME DI GIUSTIZIA, LA STORIA DI BENIAMINO ZUNCHEDDU
Augusta Zuncheddu, sorella di Beniamino, il pastore sardo rimasto in carcere da innocente per oltre 30 anni accusato della strage del Sinnai, lancia un appello a giornalisti, sindaci e consiglieri di tutte le Regioni affinché si crei un movimento di sensibilizzazione sulla proposta di legge di iniziativa del Partito Radicale per una rendita mensile provvisoria pari al doppio dell’assegno sociale a tutte le vittime di giustizia, dopo la sentenza di assoluzione, in attesa del risarcimento da parte dello Stato che a volte necessita di anche di 10 anni di tempo. Augusta scrive una lettera aperta: «Come mio fratello Beniamino ci sono migliaia di cittadini che dopo esser stati liberati dal carcere e aver perso tutto lo Stato lì ha abbandonati. Costretti ad andare alla Caritas e a non saper come vivere».
LA RACCOLTA DI FIRME
La raccolta firme on line è iniziata lo scorso 15 gennaio, pochi giorni dopo il deposito in Cassazione della proposta di legge «Zuncheddu». Occorreranno 50mila firme e poi il progetto di legge di iniziativa popolare verrà presentato in Parlamento. Sempre alla Camera in queste ore è polemica sul possibile ennesimo rinvio della proposta di legge che istituisce la giornata per le vittime degli errori giudiziari prevista per il 17 giugno e intitolata ad Enzo Tortora. Il testo, il cui esame è stato avviato a ottobre 2024, è approdato in Assemblea senza il mandato al relatore. Ora sarà l’Aula a decidere come procedere. L’obiettivo della maggioranza «allargata» secondo Roberto Giachetti (Iv) sarebbe però quello di «affossare il provvedimento».
LE CRITICHE DI SANTALUCIA
A pesare sul testo sarebbero anche le critiche manifestate a suo tempo in audizione dall’ex presidente dell’Anm, Giuseppe Santalucia, – che hanno scatenato non poche polemiche, anche quella di Gaia Tortora, figlia di Enzo – a fronte delle quali, spiegano fonti di opposizione, il governo valuterebbe di non procedere per evitare tensioni e accuse dai magistrati in un momento nel quale è in discussione anche la separazione delle carriere.
LE PAROLE DI FARAONE (IV)
«Dalla maggioranza un vero e proprio cambio merce sulla pelle delle persone. Le vittime di errori giudiziari sono state sacrificate da Meloni sull’altare di un provvedimento sulla giustizia pasticciato», afferma il vicepresidente di Iv Davide Faraone, primo firmatario della proposta di legge, che si chiede: «Quale sarebbe il rischio che correrebbe il Paese se si ricordasse chi è stato in carcere senza un motivo, chi addirittura è morto per un errore della malagiustizia?».
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