la maratona da 250 km di Christian Passerini, ufficiale dell’esercito di Sassoferrato
SASSOFERRATO Una vera e proprio traversata nel deserto, tra sole cocente, tempeste di sabbia e notte al bivacco: è l’ultima sfida che il sassoferratese Christian Passerini ha affrontato ad inizio mese. Con il pettorale 499, il 47enne era tra i mille partecipanti delle 52 nazioni della 39esima edizione leggendaria Marathon des Sables. Ultratrail riservato a camminatori esperti con autosufficienza alimentare e andatura libera. Si è svolta nel cuore del Sahara in Marocco quasi al confine con l’Algeria, dal 4 al 12 aprile, con partenza da Tafraoute e arrivo a Merzouga. Sei tappe, in tutto 250 chilometri e un dislivello di 3mila metri. Per renderla ancora più difficile, il camminatore deve essere autonomo e, quindi, affronta la prova munito di uno zaino con attrezzatura e cibo del peso massimo di 10 chili e può rifornirsi al giorno di soli 5 litri di acqua.
Come funziona
È in isolamento totale, non è consentito il telefono e si sta senza elettricità. Un’altra competizione che il sentinate, ufficiale dell’esercito esperto di paracadutismo con la tecnica di caduta libera e sub da più di 30 anni, aggiunge una chicca ad un’impressionante lista di prove che non sono decisamente per tutti.
Le altre sfide
Ha partecipato in Italia, in Spagna e in Francia alla Ironman (3,8 km nuoto, 180 km in bici, 42 km di corsa); alla Oceanman 10 km, maratone di nuoto in mare aperto; a ben cinque edizioni della Coppa Byron, 8 chilometri tra Portovenere e Lerici nel Golfo di La Spezia. «In Marocco, ho corso in condizioni estreme – racconta il runner – Di questa esperienza è vero che ricorderò il caldo, la sabbia leggera che entra ovunque, le mosche, la grande fatica, i dolori muscolari, ma anche l’immensa distesa di dune, i loro spettacolari colori, i cieli stellati».
Ringrazia per il sostegno la sua compagna Finizia, la sua famiglia ed il team del bivacco 102. Ma ringrazia anche il calzolaio di Sassoferrato Roberto Rinaldi «per aver studiato e realizzato le scarpe e le ghette che hanno evitato l’entrata della sabbia nelle scarpe». La chiosa che riassume tutto: «In una ultramaratona conta arrivare alla fine del percorso, mettersi in gioco e avere forza di volontà».