La lettera con cui Filippo Turetta ha rinunciato all’appello: «Mi pento ogni giorno sinceramente dal profondo del cuore pensando a lei»
«In questo momento ho maturato la convinzione e sento il bisogno per questi motivi e spinto dai forti sensi di colpa che provo ad assumermi la piena responsabilità per quello che ho fatto, di cui mi pento ogni giorno sinceramente dal profondo del cuore pensando a lei e a tutto questo e di prendere la scelta di rifiutare di affrontare i successivi gradi di giudizio e accettare la pena che ho ricevuto il primo grado. Dichiaro dunque di rinunciare all’impugnazione proposta in data 21 maggio… I miei difensori hanno preso atto della mia meditata e maturata decisione». Filippo Turetta scrive queste parole di suo pugno a Procura generale, Procura ordinaria, Corte d’assise e Corte d’appello dove il prossimo 14 novembre dovrebbe iniziare il processo di secondo grado, dopo che in quello di primo grado il giovane padovano è stato condannato all’ergastolo per il femminicidio di Giulia Cecchettin.
Condanna all’ergastolo per Filippo Turetta che ha ucciso la ex fidanzata l’11 novembre del 2023. Il femminicidio di Giulia Cecchettin ha cambiato la percezione nei confronti di abusi e violenze
Turetta, in quanto riportato dal Corriere della Sera, dice di essere «tristemente consapevole che purtroppo in nessun modo potrà pienamente rimediare ed eliminare il profondo dolore e sofferenza che ho causato con le mie gravissime azioni a Giulia e a tutti i suoi familiari e parenti impedendole di vivere una piena e meravigliosa vita».
Il processo d’appello, nonostante la rinuncia di Turetta, ci sarà. Anche la procura ha fatto ricorso contro la sentenza di primo grado chiedendo il riconoscimento della crudeltà e dello stalking, escluse dalla Corte d’assise che ha comunque condannato Filippo Turetta all’ergastolo con l’aggravante della premeditazione.
Rinunciando all’appello Turetta ha accettato l’ergastolo e perso per sempre la possibilità di chiedere una pena più lieve. Ha accettato anche l’aggravante della premeditazione che i suoi difensori avrebbero messo in discussione in appello.
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