Mondo

La guerra di Trump ai cartelli venezuelani

La nuova offensiva statunitense in America Latina non è indirizzata davvero contro Nicolás Maduro. Il bersaglio sono i cartelli, perché sono loro non gli Stati a determinare stabilità politica, controllo delle rotte migratorie, gestione delle risorse e una parte crescente della logistica continentale. Agiscono come sovranità parallele: amministrano porti, tassano scambi, gestiscono spostamenti di persone e merci, occupano territori dove lo Stato esiste solo sulla carta.

In Venezuela, Cartel de los Soles e Tren de Aragua controllano economie informali che superano perfino le entrate petrolifere. In Messico, il Cartello di Sinaloa e i rivali dominano flotte di camion, dogane, oleodotti e segmenti agricoli. La loro influenza penetra nel cuore produttivo dell’emisfero. Questa non è più una guerra alla droga: Washington cerca concessioni macroeconomiche. La prima leva è la migrazione: i cartelli decidono se le carovane attraversano il Darién e risalgono il Messico, aumentando o riducendo la pressione sul confine USA. Per questo vengono designati come entità terroristiche: colpire le loro reti significa recuperare controllo su una variabile cruciale in un anno politico delicato.

La seconda leva è l’energia. Milizie collegate ai cartelli rubano carburante, estorcono raffinerie e operano vicino ai giacimenti offshore venezuelani proprio mentre la Guyana diventa un nuovo hub petrolifero. Le mosse navali americane mirano a proteggere piattaforme, corridoi e investimenti, evitando che potenze rivali interferiscano con un nodo strategico per la sicurezza energetica Usa. Poi c’è il tema dei minerali critici. I cartelli sono inseriti nei flussi di oro, litio e terre rare, materiali essenziali per la transizione energetica e per le industrie high-tech. Colpirne le reti serve a deviare questi flussi verso supply chain occidentali, sottraendoli all’orbita cinese e iraniana. Lo stesso vale per la logistica, dove aziende legate ai cartelli controllano trasporti e shipping regionale: trattate come attori di sicurezza nazionale, devono integrarsi nei sistemi Usa o essere isolate.

Il nucleo della strategia è però il livello finanziario. Per decenni i narco-dollari hanno alimentato il sistema bancario ombra, passando da istituti come Wachovia e HSBC e confluendo nei mercati offshore. Quel flusso garantiva liquidità silenziosamente tollerata. Ora la stagione è finita: con sanzioni alle banche messicane e nuovi poteri per colpire intermediari cinesi, Washington sta demolendo le condutture finanziarie che rendevano i cartelli attori invisibili del sistema globale. Il punto non è la droga, ma il controllo delle arterie monetarie dell’emisfero. In questo quadro, Maduro appare più un intermediario che un sovrano. Il suo potere dipende da accordi con i cartelli, veri arbitri di Caracas. Gli USA colpiscono queste reti per forzarle a cambiare comportamento su quattro fronti: migrazione, energia, minerali e logistica. Ma lo scenario si complica con Cina e Russia. Pechino è il principale creditore di Caracas: ha fornito miliardi, aggira sanzioni con scambi petroliferi e sviluppa nuovi campi entro il 2026. Inoltre è primo partner commerciale dell’America Latina e costruisce infrastrutture che consolidano supply chain orientate verso l’Asia. La strategia è graduale ma costante: spostare l’asse economico dell’emisfero.

Mosca opera invece sul piano militare e securitario: cooperazione, armi, intelligence, una fabbrica Kalashnikov, linee di credito e swap petroliferi. Il suo obiettivo è creare attrito permanente alla potenza americana nella sua stessa regione. Per Washington la triangolazione è chiara: colpire i cartelli, riallineare le esportazioni petrolifere venezuelane, bloccare il credito cinese ed evitare che Mosca si radichi nei Caraibi. Smantellando i flussi controllati dai cartelli, gli USA eliminano i canali attraverso cui Cina e Russia possono proiettare potere nell’emisfero. Nella logica del Fourth Turning, la posta è sistemica. L’ordine del dollaro è sotto pressione e nascono nuovi circuiti di clearing in oro, commodity e valute digitali. Per mantenere leva strategica, Washington deve assicurarsi profondità interna: petrolio diretto a ovest, minerali critici incanalati verso industrie alleate, migrazioni gestibili, shadow banking ripulito.

Il rischio è il timing: se cartelli, Cina e Russia restano forti, gli USA rischiano una doppia crisi proprio nel momento del reset globale.

Se invece Washington spezza la sovranità criminale e limita i footholds rivali, entrerà nel nuovo sistema con corridoi sicuri e dominio finanziario intatto. La battaglia per il Venezuela è quindi fondativa: qui si ridefiniscono metodi imperiali, si ricablano energia e minerali e si decide chi scriverà le regole del prossimo ordine mondiale.


Source link

articoli Correlati

Back to top button
Translate »