Lazio

La forza rivoluzionaria delle parole

O si è cristiano o si è tedescoEssere tutti e due contemporaneamente è impossibile.”  (Adolf Hitler)

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“Al führer ho donato mio figlio, cosa potevo dargli di più?” (il personaggio di Otto Quangel nel Film  “Lettere da Berlino”, diretto nel 2016 dal regista svizzero Vincent Perez, che anche lo interpreta e tratto dal Romanzo “Ognuno Muore Solo” di Hans Fallada, pubblicato in Germania nel 1947)

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“[…]”. “e come un respiro tranquillo / la vita continuerà. //” (Ivano Fossati, “Se non Oggi”, dall’Album “Decadancing”, Etichetta Capitol Records,  2011)

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Si chiamava Rudolf Wilhelm Friedrich Ditzen, ma da tutti era conosciuto con lo pseudonimo di Hans Fallada. Era nato a   Greifswald, in Germania, il 21 Luglio del 1893 (e morirà a Niederschönhausen, nei pressi di Berlino, il 5 Febbraio del 1947, per una overdose di morfina). Era un tossicodipendente, un alcolizzato e aveva diversi precedenti penali con detenzione in Carcere e ricoveri in Manicomio, ma quando metteva mano alla penna, per scrivere i suoi Romanzi, creava dei capolavori. (*)

Uno di questi è stato, senza dubbio alcuno, il Romanzo “Ognuno muore solo” che Fallada finisce di scrivere nell’Ottobre del 1946 e che sarà pubblicato in Germania nel 1947 e in Italia nel 1948, dalla Casa Editrice Einaudi ed è stato ri-pubblicato, nel 2010, dall’Editrice palermitana Sellerio, arricchito di una Postfazione di Geoff Wilkes, studioso della Letteratura tedesca, della Repubblica di Weimar e della Germania nazista. (**)

Si tratta del primo libro scritto in Germania sul nazismo dopo la fine della Seconda guerra mondiale e secondo Primo Levi è: “Il libro più importante che sia mai stato scritto sulla resistenza tedesca al nazismo.”. Di Hans Fallada e del suo “Ognuno muore solo” (Romanzo di cui qui vi propongo la lettura), così scrive Mattia Mantovani, giornalista della Radiotelevisione della Svizzera Italiana, sul Sito web dell’Emittente radiotelevisiva elvetica del Canton Ticino:

Per essere perfetti creatori bisogna essere “morti”, diceva il giovane Thomas Mann in un celebre passo del “Tonio Kröger”. L’espressione potrebbe sembrare piuttosto sibillina, ma in realtà circoscrive e restituisce un’evidenza di abissale profondità: ogni grande creazione artistica, per esprimere la verità della vita, non può che nascere dalla distanza, perfino dalla negazione e dal rifiuto della vita stessa. L’opera letteraria di Rudolf Ditzen, meglio noto con lo pseudonimo di Hans Fallada, è una delle più intense e sofferte espressioni di tale consapevolezza declinata in chiave “disperatamente tedesca”, per riprendere un’altra e non meno celebre affermazione dell’autore del “Tonio Kroeger.”.

Nella Prefazione del Romanzo (684 pagine scritte in 25 giorni) Fallada scrive: “le vicende di questo libro seguono a grandi linee gli Atti della Gestapo sull’attività illegale svolta, dal 1940 al 1942, da due coniugi berlinesi del ceto operaio.”. I coniugi a cui Fallada si riferisce si chiamavano Otto Hampel ed Elise Lemme-Hampel e furono catturati dalla Gestapo, processati per propaganda antinazista e condannati a morte, mediante decapitazione, l’8 Aprile del 1943, nella Prigione di Plötzensee. Della loro storia Fallada scrive che per il suo Romanzo vi prenderà spunto solo a grandi linee e che dunque la sua è una storia di fantasia, dove troviamo personaggi inventati. “ciò non di meno” – scrive ancora Fallada – “l’autore crede alla verità interiore di ciò che ha raccontato, anche se qualche particolare non corrisponde interamente ai dati di fatto.

 

Elise e Otto Hampel

La vera storia di Otto ed Elise Hampel

Ma vediamo di conoscere meglio la vera storia dei coniugi Otto ed Elise Hampel. Era il 1940 quando una missiva della Wehrmacht annunciò ai coniugi Quangel – questo il cognome voluto da Fallada per il suo Romanzo – che Hans, il loro unico figlio – il fratello di lei nella realtà – era caduto in battaglia sul fronte francese e la notizia cambiò irrimediabilmente le loro vite. Da quel momento, infatti, l’esistenza di Elise Otto Hampel fu tutta dedicata alla lotta contro il Terzo Reich ed il nazismo.

Sostenuto pienamente da Elise, infatti, Otto, scrupolosamente attento a non lasciare tracce, diede inizio alla sua personale sfida al nazismo attraverso la redazione di cartoline (oltre 250) che mettevano duramente in discussione Hitler e il suo potere. I brevi componimenti, spesso anche singole frasi, furono di volta in volta lasciati in punti strategici della città di Berlino, secondo uno schema ben preciso che permise per due lunghi anni, dal Settembre del 1940 fino al loro arresto, nell’Autunno del 1942, ampia copertura e vasta diffusione dei loro messaggi di resistenza disarmata al nazismo.

Gli Hampel volevano risvegliare la coscienza del popolo tedesco, esortandolo a ribellarsi ad una dittatura che perseguiva violentemente gli ebrei ma, anche, tutti coloro che ad essa si opponevano e ci provarono, anche se la loro non fu un’azione facile. Chi trovava le cartoline, infatti, rapidamente le consegnava alla polizia che si mise sulle tracce degli autori di quella forma di resistenza unica nel suo genere ma priva, nei fatti, di una vera e propria organizzazione politica di opposizione.

Dal 1940 al 1942, per la Gestapo fu praticamente impossibile risalire ai due. Quella ribellione tra le mura di casa, la cura all’anonimato, la normalità di persone come Otto ed Elise – lui falegname in una Fabbrica che produceva materiale per fini bellici, lei componente dell’Associazione Nazionale delle Donne Socialiste – resero piuttosto complicata la loro individuazione, ritenuta sempre più necessaria perché pericolosa. Nessuno doveva sapere, nessuno doveva dubitare: il regime nazionalsocialista doveva continuare ad apparire solido e appoggiato dalla totalità del popolo tedesco.

Le cartoline composte dagli Hampel, prima che una tasca bucata tradisse Otto, furono circa 285. Quelle consegnate alla Polizia 267. Solo diciotto, infatti, non furono mai consegnate ai poliziotti. Forse, la perdita del loro congiunto, il grosso rischio di essere scoperti, la paura e il bisogno di dire basta non erano stati così inutili: nel frastuono delle bombe, qualcuno aveva sentito e fatto suo il loro grido di rivolta morale.

Uno dei messaggi degli Hampel

Gli Hampel tentarono di combattere il nazismo dall’interno, in modo tanto silenzioso quanto deciso. Consci della potenza della propaganda nazista, ancor più efficace dei soldati schierati ovunque, scelsero di opporvisi utilizzando la stessa arma, la parola. Sebbene la Gestapo abbia tentato di metterli a tacere, proprio la polizia segreta nazista, con i suoi documenti, ha permesso alla loro storia di giungere fino a noi e di essere conosciuta.

Anche se molte delle fonti ufficiali hanno sempre provato a presentarci la nazione tedesca nazificata come un Paese compatto e determinato nell’affermazione della presunta superiorità della “razza ariana”, la vicenda dei coniugi Hampel smentisce la convinzione (errata) che Hitler non avesse oppositori in patria e ci ricorda che, ieri come oggi, nessuna rivolta, anche la più piccina, anche la più apparentemente innocua, è inutile.

Qualcuno in Germania, negli anni difficili della guerra, aveva scelto di lottare con le parole e qualcuno dei destinatari di quelle parole ha deciso di tenere quelle cartoline. Qualcuno, forse, ha dato la possibilità alla Germania e al mondo intero di ribellarsi, di pretendere un futuro, di rinascere, di non soccombere sotto le bombe psicologiche e reali.

C’è un motivo per il quale il potere ha sempre temuto gli intellettuali: le parole. Le parole fanno sì che le idee e i diritti non restino lettera morta Ma mentre le voci si possono mettere a tacerela scrittura non si imbavaglia, non la si ferma in alcun modo. La sua eco supera persino il rumore delle armi.

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Quando si parla e si scrive della resistenza tedesca al nazismo si citano spesso i congiurati militari del 20 Luglio ’44, quelli di Claus Schenk von Stauffenberg e dell’”Operazione Valchiria” o i Fratelli Hans e Sophie Scholl, Christoph ProbstAlexander Schmorell e Willi Graf, della ”Weise Rose”, la “Rosa Bianca”; oppure  si racconta la storia della “Rote Kapelle”, l’”Orchestra Rossa”, nome attribuito dalla Gestapo alla Rete spionistica al servizio dei sovietici, impiantata in Germania da Leopold Trepper e da Harro Schultze-Boysen, un Ufficiale della Luftwaffe, l’Aviazione militare tedesca.

Poco si parla e si scrive, invece, di Otto ed Elise Hampel e delle loro cartoline antinaziste, che lasciarono comunque un segno anche se – utilizzando un verso della canzone del 2011 di Ivano Fossati “Se Non Oggi” – posso scrivere che, dopo la loro morte: “come un respiro tranquillo, la vita continuerà”, ovvero ci vorranno ancora due anni buoni e molti, molti altri lutti perché il nazismo sia battuto, insieme al fascismo.

Ma a ricordarci la storia di questi due operai antinazisti ci ha pensato Hans Fallada con il suo “Ognuno Muore Solo” dal quale, nel 2016, il regista svizzero Vincent Perez ha tratto il Film intitolato “Lettere da Berlino”. Per chi è amante degli audiolibri, poi, il Romanzo di Fallada è ascoltabile su Rai Play Sound, a questo URL: https://www.raiplaysound.it/audiolibri/ognunomuoresolo letto nelle varie puntate della Trasmissione “Ad Alta Voce”, prodotta da Rai Radio 3,

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(*) Lo scrittore tedesco adottò il suo pseudonimo ricavandolo da due fiabe dei Fratelli GrimmHans im Glück (contenuta nella Raccolta Kinder-und Hausmärchen, composta fra il 1812 ed il 1822) e Die Gänsemagd (in Italia pubblicata con il titolo di La guardiana delle oche), scritta intorno al 1815 e catalogata con il n. 89 in cui si narra di un cavallo di nome Fallada.

(**) Tra i lavori più noti di Hans Fallada c’è il Romanzo “E adesso, pover’uomo? (titolo originale “Kleiner Mann, was nun?), scritto nel 1932. Quest’opera è stata conosciuta in Italia anche grazie alla riduzione per la televisione dei primi anni 1960 con il titolo “Tutto da rifare pover’uomo, con l’interpretazione, fra gli altri, di Ferruccio De Ceresa  nel ruolo del protagonista, Paolo PoliLuigi VannucchiCarlo Romano e Laura Betti.


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