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La forza di «zia Val» dietro i successi del vecchio Joe Biden

Tutti gli occhi sono puntati sulla campagna elettorale americana. E sui due competitor, il presidente in carica Joe Biden e l’ex presidente Donald Trump ma mentre di Trump si sa (o si crede di sapere) quasi tutto, di Biden si conosce la parte ufficiale, le prese di posizione, le gaffes. Poco altro. Perché Joe Biden è forse l’ultimo politico americano a praticare una visione old style della seduzione elettorale. Fatta di empatia, di duro lavoro davvero porta a porta, di ricerca dei risultati. La sua macchina elettorale è stata oliata da infinite sfide, prima locali, poi per sette volte dalla lotta per la conquista di un seggio da senatore, infine da due competizioni destinate alla Casa Bianca, prima come vicepresidente di Barack Obama e poi da presidente. Dietro ogni campagna elettorale c’era lei, Valerie Biden Owens, sua sorella, la prima donna nella storia americana ad avere la gestione di un’esperienza che può essere esaltante ma anche terribilmente stressante. Ricordate la faccia di Hillary Clinton dopo la sconfitta subita ad opera di Trump?

Il libro che Il Sole 24 Ore pubblica in esclusiva per l’Italia, Noi, i Biden, è la storia di Valerie raccontata con l’humour e l’empatia che la contraddistinguono. La storia di una donna americana che ha attraversato tutte le fasi della sua generazione. Cresciuta nel Delaware, provincia middle class, famiglia cattolica vasta e unita, era ragazzina con Doris Day, studentessa con i Kennedy, insegnante negli anni in cui le donne conquistano le prime posizioni… Poi la politica è entrata nella sua vita, cambiandola ma non del tutto. Se si vuole capire l’“altra America” quella profonda ma non arrabbiata, quella che crede nell’educazione e nel rispetto dei vicini di casa, quella che vuole un’America great again ma non si illude di poterla rimettere insieme con uno schiocco di dita, ecco, questo libro ve la racconta. Perché, scrive Valerie Biden, «è vero, il nostro Paese è nella tempesta, ma possiamo e dobbiamo credere gli uni negli altri. Siamo nella stessa barca. E piccoli gesti di gentilezza danno il senso della persona. La gentilezza si riverbera. Quello che dici e quel che fai, conta. Questo almeno ho imparato, crescendo come una Biden». E questo è Noi, i Biden. La storia di una famiglia americana di origine irlandese, nonni poveri negli anni 50, poi l’American dream che si realizza nella casa di proprietà e nei figli che vanno all’università, gli anni 60 dei Kennedy, il Vietnam, la politica praticata nel partito democratico locale prima ancora che a Washington. Valerie Biden e i suoi tre fratelli, incluso quello diventato presidente, hanno vissuto un’infanzia serena, nel Delaware, tuttora casa per tutti i Biden. Il dolore si è abbattuto sulla loro famiglia piu volte, e sempre con inattesa violenza. Il 18 dicembre del 1972 la prima moglie di Joe, Neilia, venne investita da un trattore mentre, alla guida dell’auto, tornava a casa con i tre figli dopo aver acquistato l’albero di Natale. Neilia e la bambina più piccola, Amy, morirono sul colpo. I due più grandi, Hunter e Beau, tre e quattro anni, furono ricoverati in ospedale dove rimasero per mesi. Così Valerie Biden, che non aveva ancora avuto figli, decise di diventare Aunt Val. Zia Val. Si trasferì a casa del fratello e col supporto di tutti i Biden (ma anche di alcuni colleghi del Senato), lo convinse a non dimettersi. Per anni Aunt Val, lasciato il lavoro di insegnante, è stata quella che preparava la merenda, organizzava i pomeriggi dei bambini, li metteva a letto mentre il fratello cercava di spingere il dolore più in là. Perché è la famiglia il punto di forza di tutto il clan, un concetto martellato dalla matriarca, la madre dei fratelli Biden: «Family is the beginning, the middle and the end. Period». Un mantra che ha consentito di superare altri grandi dolori, come la morte di Beau, il secondo figlio del presidente, ucciso da un male fulmineo proprio mentre esordiva in politica. Un mantra che consente di tenere sotto controllo anche le grandi gioie. Come quella provata la notte del 7 novembre del 2020 quando una folla super entusiasta si radunò davanti al Chase Center On the Riverfront di Wilmington per celebrare il “loro” neo eletto presidente degli Stati Uniti. C’era anche Valerie Biden, naturalmente, accompagnata dal marito e dai figli, ma non era sul palco col fratello e la first lady, era in una delle auto parcheggiate nell’area. Lo stile della casa prevede di festeggiare senza un profluvio di parole. Una, però, dal palco, Joe Biden volle scandirla. Una frase dedicata a lei, a sua sorella. Mentre in cielo esplodevano i fuochi d’artificio insieme a A sky full of stars dei Coldplay, il presidente cercò con gli occhi la regista di tante sue campagne elettorali e di una parte della sua vita. «Val! We did It». Oggi Valerie Biden Owens, moglie di Jack, madre di tre figli adulti e nonna affettuosa, è immersa nel ruolo di presidente del Biden Institute all’università del Delaware e in tour per la presentazione del libro. Ultimo appuntamento, nei giorni scorsi, in California, Coachella Valley. Non parla della campagna elettorale in corso ma quel che pensa di Trump lo dice nelle ultime pagine di Noi, i Biden. A cominciare dalla mancata presenza di Trump nel giorno in cui Joe Biden prestò giuramento. «Non ne fui sorpresa. Un piccolo uomo non cresce per un’occasione speciale».

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