Umbria

La facciamo noi se siamo comunità. Le fragilità vanno accompagnate e non nascoste. Zona rossa? Bene, ma servono uomini


La sicurezza che non è diffidenza, che non vuole nascondere marginalità e fragilità, ma le vuole affrontare, sostenere risolvere. La zona rossa? Benissimo, ma allora mandate anche più uomini perché “storicamente le zone rosse si sono risolte nello spostare la criticità da una parte all’altra della città. Ma più uomini non sono arrivati”. E la sua paura è che “da Fontivegge il problema si sposti in centro e si mischi alla movida, ai turisti, al pubblico dei grandi eventi”. La sindaca Vittoria Ferdinandi e la giunta riuniscono alla sala dei Notari la città per fare il punto su un anno di governo cittadino. E il tema della sicurezza, di cui la sindaca ha la delega, diventa centrale nella sua intervista. Sicurezza. Quale sicurezza per Perugia? “L’odio e le diffidenza verso il prossimo non hanno mai risolto qualcosa. Il padre dell’insicurezza è la disuguaglianza”. E quindi? “E quindi le fragilità non vanno nascoste. Le povertà esistono, non è una colpa” sottolinea per ribadire che la colpa può essere non intervenire “con politiche sociali che accolgono e accompagnano le fragilità, diversamente le città sicure non possono esistere”. Succede a Perugia, ribadisce, succede nelle altre città italiane. Sicurezza, elenca ancora la sindaca, “è prendersi cura della salute dei nostri giovani, perché, quello sì che è un fenomeno in crescita, i reati che riguardano i minori sono in aumento, come ha sottolineato anche il procuratore generale Sergio Sottani”. Sicurezza “è avere un’idea di sviluppo urbano che non è continuare a costruire centri commerciali fuori da Perugia. Perché lo sappiamo tutti come la rete delle attività di prossimità è fondamentale per far vivere i quartieri. Dobbiamo intervenire sui vuoti urbani, come abbiamo fatto con i palazzi Inps, riuscendo a mettere l’istituto intorno a un tavolo per confrontarci”.

Ferdinandi torna poi alle ultime settimane di polemica sul tema e quella sorta di campagna, anche mediatica, che ha travolto la città, “un refrain che abbiamo già vissuto, i cui effetti devastanti per la città abbiamo già potuto vedere. È un rischio che non possiamo tollerare”. Questo, sottolinea, “non significa ignorare il problema o banalizzare il senso di insicurezza che viene percepito”, ma, citando il procuratore della Repubblica, Raffaele Cantone, il problema va affrontato per quello che è e non “schiacciare” la questione sul solo presidio del territorio, ma rispondere “con politiche integrate di sicurezza”. “Usciamo dall’equivoco che di sicurezza si occupano solo amministrazioni di destra. La sicurezza è questione di tutti. Basti pensare siamo noi che abbiamo disposto l’assunzione di 9 nuovi agenti di polizia locale, guardate che non sono pochi. E poi 240mila euro per potenziare il sistema di videosorveglianza. Siamo noi che abbiamo organizzato le assemblee in tutti i territori per raccogliere le necessità dei cittadini”. E allora quale sicurezza per Perugia? Bene la zona rossa, ma con più forze dell’ordine per non penalizzare altre zone della città e territori. Bene le politiche di integrazione e di sostegno alle fragilità che vanno accompagnate, “Appena insediati abbiamo avuto critiche per ripetuti episodi di bivacchi o di persone che si lavavano in fonti pubbliche. CI siamo chiesti come mai si stesse verificando questo e abbiamo scoperto che il centro diurno chiudeva per tre settimane in estate. Queste persone come avrebbero dovuto fare? Abbiamo cambiato il contratto di servizio”. Bene una pianificazione più attenta dello sviluppo della città, l’utilizzo commisurato alle capacità delle risorse Pnrr (“Stiamo affrontando una situazione che era molto indietro, i fondi non vanno presi perché sono a disposizione se poi non si usano per progetti adeguati”), ma soprattutto “la sicurezza la facciamo noi tutti se torniamo e continuiamo a essere comunità”.


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