La Colombia spera nel Vaticano per mediare con i guerriglieri di Eln
Bogotà punta sulla Santa Sede come terreno di mediazione con l’Esercito di liberazione nazionale (Eln), organizzazione armata nata nel 1964, ispirata a ideali marxisti-leninisti e alla teologia della liberazione, e tuttora attiva nel conflitto armato in Colombia. La richiesta è stata avanzata dallo stesso presidente colombiano Gustavo Petro al primo incontro con papa Leone XIV, a margine della Messa di incoronazione a San Pietro. Nelle stesse ore Petro ha incontrato anche la Comunità di Sant’Egidio, già presente ai colloqui di pace interrotti nel 2019 all’Avana. “Al momento però non esistono i presupposti per negoziare”, ha detto Gianni La Bella, mediatore della Comunità di Sant’Egidio, a Ilfattoquotidiano.it. “Nessuno ha ancora chiesto all’Eln se vuole riprendere il dialogo. Servirebbe prima una fase di de-escalation, ma al momento non ci sono i termini“, ha detto La Bella, che a metà luglio sarà nella località colombiana di Buenaventura, dove i gruppi armati sono presenti nell’80% dei quartieri. Tuttavia Petro appare speranzoso e parla di “una seconda opportunità, sperando che dentro le mura vaticane l’Eln possa ricordare “l’opzione preferenziale per i poveri” e altri ideali che hanno ispirato la lotta armata degli anni Sessanta in Colombia. “Ora l’Eln uccide i poveri”, ha denunciato il capo di Stato, “dimenticando l’esempio dei sacerdoti cattolici che li hanno guidati nella prima ora”.
Promessa incompiuta – Petro ha ripreso la trattativa con l’Eln una volta arrivato al Palazzo di Nariño, nel 2022, assicurando di raggiungere la pace “in soli tre mesi”. Traguardo lontano dalla realtà laddove i negoziati, avviati nel 2017 da Juan Manuel Santos, erano saltati nel 2019 dopo l’attentato targato Eln alla Scuola dei cadetti di Norte de Santander provocando venti morti e cento feriti. Sotto la sua amministrazione i colloqui registrano esiti altalenanti e una battuta d’arresto, lo scorso 16 gennaio, con gli scontri nella regione di Catatumbo, a Norte de Santander. Ora Petro è tra due fuochi. Da un lato viene denunciato presso la Corte penale internazionale, dove l’ex-ministro della Giustizia Wilson Ruiz lo accusa di praticare “una deliberata politica di omissione che ha favoreggiato il rafforzamento di strutture criminali in Colombia” e indebolito le forze armate. Dall’altro l’Organizzazione di donne di pace del Catatumbo ha chiesto al governo colombiano “azioni concrete per il raggiungimento della pace” oltre a una “debita rappresentazione” nei prossimi colloqui di pace. “Non siamo disposte a partorire più figli e figlie per la guerra“, aggiungono.
La fine dell’ideale – Dietro le quinte Petro non stenta a esprimere il suo disappunto nei confronti dell’Eln e altri gruppi armati. “Credevo di avere a che fare con dei compagni“, è lo sfogo del presidente colombiano che non rinnega il suo passato nel gruppo M-19, nato verso la fine degli anni Settanta e che ha deposto le armi nel 1990. Le autorità colombiane si dicono anche perplesse del nichilismo delle nuove leve della guerriglia, persino dinanzi al ricordo di don Camilo Torres Restrepo che nel suo “Messaggio ai cristiani” sosteneva di essersi “dato alla rivoluzione per amore al prossimo”. L’estate scorsa il presidente colombiano ha cercato di attirare l’attenzione dei guerriglieri annunciando al Paese l’autenticità – certificata da un comitato di medicina legale – della tonaca di don Camilo, consegnatagli da un operaio che l’aveva custodita per decenni.
Una mappa dei gruppi armati – Alle origini, nel manifesto di Simacota siglato nel 1965, l’Eln si prefiggeva lo scopo di raggiungere il potere per fondare uno Stato socialista. L’organizzazione armata prometteva riforma agraria, l’emancipazione delle popolazioni indigene e la tutela del libero pensiero. Tuttavia le sconfitte militari subite dal 1973 in poi hanno costretto l’Eln a ripensare la propria strategia militare. E a partire dagli anni Novanta il gruppo ha abbandonato alcune zone della Colombia, si è esteso in Venezuela e ha ceduto alla tentazione del narcotraffico e all’attività miniera illegale. Attualmente i gruppi armati in Colombia sono 17 con 20mila combattenti attivi, tra cui guerriglieri smobilitati ma mai del tutto reinseriti nella società colombiana. A capo di quest’ala ci sono gli ex-guerriglieri Ivan Marquez e Jesus Santrich. L’Eln e gli altri gruppi armati sono al centro di molteplici denunce per reclutamento infantile, con 17mila minori reclutati dal 1960 al 2016, e sequestri di persona, con 6.729 rapimenti dal 1985 a oggi di cui 148 hanno perso la vita nelle mani dei gruppi armati. Nello stesso arco temporale il conflitto armato ha provocato oltre 450mila vittime.
Quale rivoluzione – Il mutamento antropologico delle guerriglie si conferma anche nel recente conflitto esploso il 16 gennaio a Norte de Santander dove l’Eln che ha avuto la meglio sul “Frente 33”, le cosiddette dissidenze delle Farc, cioè combattenti che hanno ritenuto non sufficienti le condizioni stabilite dall’accordo di pace e hanno ripreso le armi. Allora è bastato lo smarrimento di un carico di droga per far saltare l’accordo spartitorio tra Eln e “Frente 33” per causare circa cento morti, 56mila sfollati e più di 32mila persone confinate nelle proprie abitazioni. “C’è paura, non solo a Norte de Santander ma anche nella Guajira” ha detto il giornalista Carlos Alberto Uzcategi a Ilfattoquotidiano.it, avvertendo “conseguenze economiche devastanti sia per la Colombia che per il Venezuela, con lo spostamento dei settori più vulnerabili della popolazione: indigeni wayuu e gruppi afro-discendenti verso località come la Sierra di Perijà, tra il settentrione venezuelano e il meridione colombiano, e altre zone di confine”. Il Paese sembra vivere una nuova crisi: 181 sequestri di persona nei primi mesi del 2025 e 280 tonnellate di cocaina confiscate nel 2024.
Collegamenti e risorse – Da decenni l’Intelligence colombiana indaga sui collegamenti esterni dell’Eln, che dagli anni ottanta si rifugia in Venezuela. Con gli anni il gruppo armato si è insediata nello stato Apure, oltre il fiume Arauca, divenuto il loro secondo quartier generale. Secondo la Fondazione Insight Crime l’Eln opera in dodici regioni su 23 in Venezuela. “Qui gli “elenos” governano di fatto intere porzioni di territorio” dicono i residenti, per i quali l’Eln sarebbe addirittura più presente delle autorità governative per garantire l’ordine sul territorio. Particolarmente caldi anche i confini con il Brasile e con l’Ecuador dove si verificano scontri quotidiani tra combattenti e forze dell’ordine.
L’accordo con le Farc – Sarebbe però inappropriato non riconoscere i risultati finora ottenuti dall’accordo di pace siglato nel 2016. Nel 2024 la Missione di verifica delle Nazioni Unite ha rilevato la deposizione di quasi 9mila armi, l’avvio del reinserimento economico e sociale dell’85% degli ex-combattenti – cioè 13.829 persone, dieci seggi del Congresso assegnati a ex-combattenti Farc e l’aggiudicazione di 129.656 ettari ai contadini locali.
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