La Cina si pone alla guida anche della finanza verde. L’Europa che fa? Due possibili scenari
La Cina ha recentemente segnato un traguardo significativo nel panorama della finanza sostenibile con l’emissione del suo primo “green bond” sovrano, raccogliendo 6 miliardi di RMB (circa 824 milioni di dollari). Questi titoli, quotati alla Borsa di Londra con scadenze a 3 e 5 anni, rappresentano non solo un’importante mossa economica, ma anche un chiaro segnale strategico sul posizionamento della Cina nell’arena internazionale della sostenibilità.
La straordinaria risposta degli investitori, con richieste che hanno superato l’offerta di quasi otto volte raggiungendo circa 47 miliardi di RMB, evidenzia la crescente fiducia del mercato globale nelle iniziative ambientali cinesi. Questo entusiasmo riflette un riconoscimento della serietà con cui Pechino sta affrontando la transizione ecologica, superando la percezione di semplice retorica politica perché i proventi di questa emissione finanzieranno progetti concreti con impatto tangibile: trasporto pulito, gestione sostenibile delle risorse idriche e prevenzione dell’inquinamento.
Tale approccio pragmatico si estende oltre la singola emissione obbligazionaria, manifestandosi attraverso:
– L’implementazione di standard ESG rigorosi per le aziende nazionali;
– Lo sviluppo di un sistema di rendicontazione ambientale obbligatorio entro il 2030;
– L’impegno per investimenti colossali di oltre 6 trilioni di dollari in energia verde nei prossimi due decenni.
In un contesto in cui gli Stati Uniti mostrano segnali di disimpegno dalle politiche climatiche, con atteggiamenti ampiamente negazionisti, la Cina sta strategicamente colmando questo vuoto di leadership. Questa divergenza non è casuale, ma riflette una visione di lungo termine in cui la transizione ecologica viene interpretata non solo come necessità ambientale, ma come opportunità economica e leva geopolitica.
L’avanzamento cinese nella finanza sostenibile va oltre il simbolismo diplomatico. La nazione sta costruendo un vantaggio competitivo significativo in settori cruciali per il futuro:
– Dominando le catene di approvvigionamento di minerali critici per la transizione energetica;
– Consolidando la leadership nella produzione di tecnologie rinnovabili;
– Stabilendo standard globali per la finanza sostenibile che potrebbero diventare riferimenti internazionali.
Questa evoluzione rappresenta un sofisticato strumento di soft power. Attraverso la leadership nella finanza verde, la Cina sta costruendo alleanze strategiche, particolarmente con le economie emergenti che necessitano di supporto per le loro transizioni energetiche. Ciò potrebbe riscrivere gli equilibri di influenza globale, creando nuove dipendenze economiche basate sulla sostenibilità. E lasciando l’Europa a guardare.
Nonostante questi progressi, permangono tuttavia ancora significative contraddizioni nell’approccio cinese. Il paese rimane il maggior emettitore globale di gas serra e continua a costruire nuove centrali a carbone. Questa dicotomia tra ambizione verde e realtà carbonifera solleva interrogativi sulla reale portata trasformativa delle iniziative cinesi. Ma è innegabile che una trasformazione degli scenari geopolitici in atto è in corso con una importante ipoteca per il futuro.
L’emergere della Cina come protagonista della finanza verde a questo punto potrebbe innescare due scenari contrapposti:
– Una corsa virtuosa alla leadership sostenibile, con altre potenze stimolate a intensificare i propri sforzi;
– Una frammentazione degli approcci alla sostenibilità, con standard e pratiche divergenti che potrebbero ostacolare una transizione globale coordinata.
L’emissione del green bond cinese rappresenta quindi molto più di una singola operazione finanziaria: è l’emblema di un nuovo paradigma geopolitico in cui la leadership ambientale diventa cruciale quanto quella militare o economica tradizionale. In questo scenario, la Cina sta dimostrando una notevole capacità di visione strategica, mentre l’Occidente rischia di perdere terreno in un ambito destinato a definire le relazioni internazionali nei decenni a venire.
La vera questione non è quindi se la Cina stia assumendo la leadership nella finanza verde, ma come il resto del mondo, Europa in primis, risponderà a questa sfida – con competizione costruttiva o disimpegno autolesionista.
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