La Cina muove 19 navi da guerra contro Taiwan: “Indipendenza significa guerra”

“L’indipendenza di Taiwan significa guerra e perseguirla spingere il popolo taiwanese in una pericolosa situazione di conflitto“. Parola di Zhu Fenglian, portavoce dell’Ufficio per gli Affari di Taiwan della Cina, che ha descritto le ultime manovre militari di Pechino attorno all’isola come un “severo avvertimento” alle “dilaganti provocazioni indipendentiste” del governo guidato da William Lai. Nelle ultime ore è infatti andata in scena una maxi esercitazione cinese che ha coinvolto forze di terra, unità navali e forze aeree, e che ha simulato l’accerchiamento di Taipei. Il ministero della difesa taiwanese ha dichiarato, in tutta risposta, di aver rilevato 19 navi nemiche, compresa la portaerei Shandong e di aver schierato aerei, navi della Marina e sistemi missilistici costieri.
Le esercitazioni (a sorpresa) della Cina
Il Comando del teatro orientale dell’esercito cinese, che gestisce le operazioni nella regione, ha spiegato che le esercitazioni sono mirate all’addestramento per attacchi di precisione multidirezionali, nonché blocchi e assalti contro obiettivi marittimi. “Queste esercitazioni mirano a testare le capacità delle truppe di svolgere operazioni integrate, conquistare il controllo operativo e attacchi di precisione multidirezionali“, si legge in un comunicato ufficiale diramato dalle forze di Pechino. “La volontà della Cina continentale di risolvere la questione di Taiwan e di raggiungere la riunificazione nazionale è salda come una roccia e la sua capacità è indistruttibile. Non permetteremo mai a nessuno o a nessuna forza di separare Taiwan dalla Cina, né lasceremo spazio ad alcuna forma di attività secessionista“, ha aggiunto Zhu Fenglian.
Le manovre sono state lanciate senza fornire alcun preavviso. Per il Dragone le esercitazioni sono “necessarie per tutelare la sovranità nazionale e l’integrità territoriale della Cina” e i militari parlano di un messaggio, di un “avvertimento severo e forte deterrente” contro “le forze separatiste” di Taiwan, ha specificato il portavoce del Comando del teatro orientale dell’Esercito popolare di liberazione cinese, Shi Yi. Anche la Guardia Costiera cinese, ha riferito l’agenzia Xinhua, ha fatto sapere di aver effettuato “pattugliamenti per l’applicazione della legge” nelle acque intorno a Taiwan in nome del “principio di un’unica Cina” e di aver condotto “esercitazioni, come ispezioni, catture, intercettazioni e fermi di navi non autorizzate“.
La risposta di Taiwan
La Cina, come detto, ha schierato anche la portaerei Shandong. Il ministero della Difesa di Taipei ha confermato che è stata rilevata “dal 29 marzo” la presenza di “unità navali” dei militari cinesi, “guidate dalla portaerei Shandong“, che “ieri sono entrate nella nostra zona di risposta“. Il ministero ha condannato “con forza le provocazioni irrazionali” della Cina, le “azioni” dei militari della Repubblica Popolare che “compromettono la pace nella regione“.
Taipei ha confermato di aver mobilitato jet e unità navali nel mezzo delle manovre cinesi nel contesto di un continuo pressing politico e militare da parte della Repubblica Popolare. E il ministro della Difesa, Wellington Koo, ha confermato l’apertura di un “centro di risposta” per monitorare le attività dei militari cinesi.
Dopo che nei giorni scorsi Lai non ha esitato a definire la Cina una “forza ostile“, la presidenza ha “condannato con forza” le manovre cinesi, come riporta l’agenzia Cna, accusando la Repubblica Popolare di continuare con “provocazioni militari” e con le tattiche della “zona grigia”, che implicano un atto di interferenza ostile, ma non sono considerate conflitto aperto.
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