Marche

«La canzone non è ritenuta sobria». San Severino, che polemica per il 25 Aprie


SAN SEVERINO Nessuna esecuzione di Bella Ciao alla commemorazione del 25 aprile tenutasi ieri mattina al Monumento ai Caduti di San Severino. Alla banda cittadina presente alla cerimonia non è stato permesso di suonare il celebre canto della Resistenza partigiana. Il motivo? Rispettare il lutto nazionale per la morte di Papa Francesco, che imponeva sobrietà nelle celebrazioni.

  

La reazione

Nonostante il divieto, dopo la manifestazione i presenti hanno spontaneamente intonato Bella Ciao, in un momento di forte partecipazione emotiva.

A denunciare l’accaduto è stata Alessandra Aronne, consigliera comunale di minoranza e presidente del corpo bandistico Adriani: «Ieri molte amministrazioni tra cui quella della mia ridente cittadina hanno impedito l’esecuzione di Bella Ciao reputandola non consona, non sobria, a differenza dell’Inno di Mameli». La consigliera ha poi aggiunto: «Vorrei ricordare che la Repubblica ha riconosciuto definitivamente il testo del “Canto degli italiani” di Goffredo Mameli e lo spartito musicale originale di Michele Novaro quale proprio inno nazionale solo con la legge del 4 dicembre 2017. Senza Bella Ciao, niente Repubblica e Inno di Mameli».

La celebrazione commemorativa si è comunque svolta regolarmente con la presenza delle autorità locali e numerosi cittadini riuniti per celebrare l’anniversario della Liberazione d’Italia dall’occupazione nazifascista. Per quanto riguarda invece Macerata, ieri c’è stata la deposizione della corona d’alloro in via Cioci e ha visto la presenza delle autorità civili, militari e religiose e dei cittadini. La celebrazione è stata promossa dal Comune, dalla Provincia, dall’Anpi (sezione di Macerata), dall’Istituto Storico di Macerata e dalle associazioni Combattentistiche e d’Arma del capoluogo. Subito dopo si è svolta la cerimonia istituzionale in piazza della Libertà.

 

L’altro caso

Ieri ha fatto discutere anche la polemica tra la Croce Gialla di Recanati e la Croce Rossa di Porto Potenza. A scatenare il botta e risposta è stata l’associazione leopardiana, con un post su Facebook in cui ha fatto riferimento alle pubbliche assistenze: «Il regime fascista le aveva chiuse dando i locali per vent’anni alla Croce Rossa. Buon 25 Aprile a tutt», si legge nella pagina social del sodalizio.

Pronta la replica della Croce Rossa di Porto Potenza: «Esprimiamo ferma condanna – afferma l’associazione guidata dal presidente Matteo Carlocchia – verso ogni tentativo di associare l’immagine della Croce Rossa Italiana a ideologie politiche, incluso il fascismo. Legare oggi impropriamente la nostra associazione a riferimenti politici è non solo inaccettabile, ma lesivo e offensivo verso milioni di volontari in Italia e nel mondo, che ogni giorno si dedicano all’aiuto dei più vulnerabili con spirito neutrale, indipendente e volontario, spesso in contesti complessi e delicati».




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