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La Camera Usa chiude prima per “salvare” Trump dal caso Epstein. Ma la base MAGA vuole sapere cosa c’è nei file

Tutti a casa. È la decisione presa dallo speaker della Camera, Mike Johnson, che anticipa la chiusura estiva e manda i deputati in vacanza. La Camera doveva chiudere venerdì 25 luglio, chiude mercoledì 23. La mossa vuole prevenire la possibilità che i democratici chiedano un voto sulla pubblicazione dei documenti processuali relativi a Jeffrey Epstein. Il caso continua a tormentare Donald Trump, che nelle ultime ore ha cercato di sviare l’attenzione politica e mediatica su Barack Obama, accusato di “tradimento”. La base del MAGA resta però in ebollizione e chiede di sapere quello che c’è negli “Epstein files”. Del resto, molte domande sui rapporti tra Epstein e Trump restano al momento senza risposta.

L’annuncio di Johnson sulla chiusura anticipata della Camera ha destato clamore. Il calendario legislativo era già definito. In discussione, prima della pausa estiva, c’erano misure cui i repubblicani tengono molto: la fine di regolamentazioni ambientali decise durante la presidenza di Joe Biden; nuovi provvedimenti contro i migranti senza documenti. Il caso Epstein, comunque, incombeva. I democratici dell’House Rules Committee, che decide sulle questioni da mandare in aula, chiedevano un voto su Epstein. I repubblicani in commissione erano nervosi, esitanti. Mandare il caso in aula avrebbe clamorosamente contravvenuto alle richieste della Casa Bianca, che vuole che della questione si parli il meno possibile. D’altra parte, gli uffici di deputati e senatori repubblicani sono travolti da mail e telefonate in cui i loro elettori chiedono trasparenza sugli “Epstein files”. Alla fine è appunto intervenuto Johnson. Tutti a casa per la pausa estiva. Fino a settembre, la Camera non riapre. Allora, si spera, di Epstein non si parlerà più.

I democratici “ci danno lezioni di trasparenza. Ma noi siamo stati intellettualmente coerenti e non faremo giochi politici in questo caso”, afferma Johnson. L’imbarazzo e la frustrazione dello speaker, di solito olimpicamente distaccato, persino nei momenti di maggior tensione, sono stati questa volta evidenti. La vicenda di Epstein è diventata un problema e lui, e la maggioranza dei repubblicani, scelgono ancora una volta di violare l’indipendenza del Congresso dal presidente, e di ubbidire a Trump, cui hanno ormai consegnato il loro destino politico. “Fanno tutto quello che Trump gli chiede di fare”, dice Robert Garcia, democratico della California. Anche perché i messaggi che Trump manda sono molto chiari. La vicenda di Epstein, a suo giudizio, è solo un nuovo episodio della “caccia alle streghe” e della campagna di “fake news” montate contro di lui da democratici e stampa liberal.

Il presidente ha rilanciato le accuse martedì, di fronte a foto e video rese pubbliche da CNN che mostrano come Trump e Epstein si conoscessero e frequentassero. Epstein era tra gli invitati al ricevimento che il tycoon organizzò al Plaza di New York nel 1993, per celebrare le sue nozze con Marla Maples. Un altro video mostra i due conversare a una sfilata di Victoria Secret nel 1999. “Immagini innocue di eventi ampiamente frequentati, per suggerire in modo disgustoso qualcosa di nefasto”, afferma la Casa Bianca. Trump ha di nuovo frettolosamente liquidato la questione, nella conferenza stampa organizzata per la visita del presidente filippino Ferdinand Marcos Jr. “Invece della caccia alle streghe contro di me, dovreste parlare di come hanno beccato il presidente Obama”, ha detto. Il riferimento è a un rapporto reso pubblico da Tulsi Gabbard, director della National Intelligence, che mostrerebbe come funzionari di Barack Obama, poco prima dell’arrivo di Trump alla Casa Bianca nel 2016, fossero intervenuti per manipolare le prove dell’intelligence e affermare che da parte russa c’era stata interferenza elettorale per favorire la vittoria di Trump.

Obama ha cercato di guidare un colpo di Stato. Lo ha fatto con Hillary Clinton”, ha detto Trump, aggiungendo di aver rinunciato allora a perseguire penalmente Clinton, ma di non volerlo fare questa volta con Obama. “Lui è colpevole. È stato tradimento”, ha spiegato il presidente. Alla luce di quanto mostrato da Gabbard, è improbabile che Obama possa incorrere nell’azione giudiziaria minacciata da Trump. La sua amministrazione, infatti, non ha mai affermato che i russi riuscirono a manipolare le elezioni, ma soltanto che ci fu il tentativo. La cosa è stata peraltro confermata dalla Commissione Intelligence del Senato, con il voto a favore di tutti i repubblicani che ne facevano parte, tra cui l’attuale segretario di stato Marco Rubio. Accuse e minacce di Trump sono allora soprattutto un modo per aprire un nuovo campo di battaglia politica, nella speranza che si attenui l’interesse per l’altro caso, quello che appunto continua a mettere in difficoltà il presidente. La sua base non è per nulla soddisfatta dalla volontà dell’amministrazione di rendere pubbliche una parte delle carte processuali, in particolare quelle raccolte dal Grand Jury, e dall’annuncio dell’attorney general Pam Bondi di voler interrogare Ghislaine Maxwell, complice di Epstein nei traffici delle prostitute minorenni.

“La dichiarazione di Bondi sembra una cosa enorme. Ma perché allora questo ‘interrogatorio’ a Ghislaine Maxwell non è stato fatto sin dal primo giorno?”, si è chiesta Laura Loomer, commentatrice di estrema destra e di solito alleata di Trump. Un altro influencer di destra, Matt Walsh, ha chiesto che l’amministrazione agisca con maggiore rapidità e renda finalmente pubbliche tutte le carte processuali. Sono prese di posizione di personaggi di primo piano del mondo conservatore Usa, dietro cui c’è una base confusa, nervosa, arrabbiata, che non crede alle versioni ufficiali e continua a ritenere che su Epstein ci siano molte cose ancora poco chiare. Proprio i rapporti di Trump con il finanziere finito sotto inchiesta per traffici sessuali, e morto suicida in carcere nel 2019, sono oggetto di approfondimento. Se è provato, come dice Trump, che per anni i due non si sono parlati (sembra per una lite su una proprietà immobiliare vista oceano a Palm Beach nel 2004), è altrettanto provato che Trump ed Epstein furono molto vicini negli anni Ottanta e Novanta. Trump viaggiava tra New York e Palm Beach sul jet personale di Epstein. Lo invitava al suo matrimonio. Gli inviava, come rivelato dal “Wall Steet Journal”, biglietti di auguri per il compleanno con schizzi di donne nude. Non è dunque vero, come sostiene Trump, che lui non è mai stato “un grande fan di Epstein”. È un rapporto che non per forza deve far pensare al coinvolgimento di Trump nei traffici illeciti di Epstein. Ma il solo fatto di essere nominato negli “Epstein files” potrebbe creare forte imbarazzo nel presidente, tale da farlo agire per mantenere il segreto su quelle carte.


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