La Borsa non basta più: i capitali arrivano dai privati
“Idee per la crescita” è una iniziativa di SDA Bocconi e Affari&Finanza per proporre idee e alimentare il dibattito. Il dialogo tra manager e docenti della School of Management oggi online alle 10 su repubblica.it. Dopo le puntate sul passaggio generazionale e sulla Internazionalizzazione quello odierno è il terzo dei quattro dialoghi della nuova serie, che mantiene il focus sulle sfide delle transizioni. Con l’ultimo, a novembre, il focus si sposterà sulla Diversity. QUI il dossier con tutti i dialoghi e le lectio.
In un contesto geopolitico segnato da tensioni crescenti e da una polarizzazione tra Stati Uniti e Cina, le imprese italiane si trovano a dover ripensare profondamente le proprie strategie di crescita. È il tema al centro della terza puntata di “Idee per la crescita”, il ciclo di incontri promosso da Affari&Finanza con Sda Bocconi, dedicata alla finanza aziendale. A confrontarsi, Massimo Ferrini Bronzoni, Partner Kpmg, head of debt advisory, e Marco Mariano, head of midcap global corporate banking in Italia di JP Morgan, intervistati da Walter Galbiati, vicedirettore de La Repubblica.
Il quadro macroeconomico, pur incerto, non ha spento la domanda di finanza. Al contrario, come sottolinea Mariano, «i mercati dei capitali sono rimasti aperti e ricettivi, con una propensione al rischio che ha favorito nuove iniziative di indebitamento, soprattutto per operazioni di sviluppo e acquisizione». Se l’equity resta più cauto, il debito continua a rappresentare una leva fondamentale per la crescita. Ferrini Bronzoni conferma: «Lo scenario attuale è stimolante, come ogni fase di cambiamento. Le sfide per le aziende sono evidenti, ma non mancano le opportunità. Il mercato azionario è dominato da grandi player globali, rendendo la Borsa poco attrattiva per le piccole imprese, soprattutto quelle italiane, come dimostrano i frequenti delisting e le poche ipo».


Le vie alternative per finanziarsi
In questo contesto, c’è una crescente attenzione verso forme di finanziamento alternative, capaci di rispondere alle esigenze di flessibilità e rapidità delle imprese. Tra queste, il direct lending e le soluzioni di finanza strutturata stanno guadagnando terreno, soprattutto tra le aziende mid cap che non trovano risposte adeguate nel sistema bancario tradizionale. L’accesso al credito, infatti, resta condizionato da criteri di rating sempre più stringenti. Il dialogo tra esperti ha evidenziato come la Borsa italiana, in particolare, soffra di una cronica mancanza di liquidità e di una struttura di investitori istituzionali poco propensa a sostenere le Pmi. Questo ha portato molte aziende a preferire il delisting, anche in presenza di performance positive, per evitare la pressione di risultati trimestrali e la volatilità dei mercati. La conseguenza è una progressiva disintermediazione del mercato azionario, che rischia di perdere il suo ruolo di finanziatore della crescita.
Il tema dell’m&a si impone come snodo cruciale. «Nei primi sei mesi del 2025 il mercato continua la sua corsa con 664 deal chiusi per un controvalore complessivo di 30 miliardi di euro – commenta FerriniBronzoni – Gli investimenti proseguono, ma la dimensione media delle operazioni si è ridotta per la flessione del numero dei jumbo deal». «Abbiamo osservato un forte impulso da parte dei fondi di private equity, soprattutto mid cap, che si sono mossi con grande dinamismo, scovando eccellenze imprenditoriali e favorendo delisting strategici», aggiunge Mariano. Le operazioni di m&a sono sempre più sofisticate e sempre più spesso prevedono strutture complesse, con earn-out, clausole di reinvestimento e meccanismi di governance condivisa.
Il ruolo dei capitali privati
Il private equity, oggi, non è solo un finanziatore, ma un vero catalizzatore di crescita. «Favorisce l’espansione, anche tramite acquisizioni, e guarda sempre più all’estero – sottolinea Ferrini Bronzoni – In Italia ha avuto un ruolo chiave nel rafforzare la dimensione delle imprese, e deve continuare a farlo, sostenendo anche operazioni successive all’ingresso iniziale». Il private equity interviene come acceleratore, stimolando strategie di crescita per linee esterne e sostenendo le imprese nei processi di internazionalizzazione. «In un mercato dove l’accesso all’equity è limitato, rappresenta una risorsa strategica per la media impresa italiana», sottolinea il manager di JP Morgan.
Accanto al private equity, si afferma il private debt come asset class sempre più rilevante. «Nel 2024 ha raggiunto livelli record: raccolta di 1,36 miliardi (+13%), investimenti per 4,96 miliardi (+53%) e 168 imprese finanziate (+14%) – ricorda Ferrini Bronzoni – Offre strumenti ibridi di capitale strategico, utili per esigenze di medio/lungo termine, con un’influenza discreta sulla governance». Mariano ne evidenzia la flessibilità: «Il private debt consente di accedere a profili di rischio più elevati, con scadenze più lunghe e strutture più complesse rispetto al credito bancario tradizionale. È uno strumento che, pur più costoso, offre benefici importanti in termini di velocità, diversificazione e stabilità delle fonti».
Infine, la finanza agevolata continua a giocare un ruolo di rilievo. «Secondo le stime disponibili, le risorse agevolate hanno superato i 290 miliardi di euro nel 2024, pari a circa il 6% del Pil – spiega Ferrini Bronzoni – Si tratta di fondi europei e nazionali che si riversano sulle imprese attraverso le garanzie pubbliche, facilitando l’accesso al credito bancario». In questo scenario, la finanza aziendale si conferma non solo come strumento tecnico, ma come leva strategica per affrontare le sfide globali. «Quanto più le imprese italiane saranno in grado di costruire una mappa precisa dei rischi, e si doteranno di strumenti idonei a gestirli – conclude Mariano – tanto meglio sapranno affrontare con successo la crescita internazionale».
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