Società

«La bellezza è potere», lo dice Antonio Ciaramella, storico del make-up e una mostra lo racconta

Maria Josè del Belgio 1935.

Maria Josè del Belgio 1935.

Dal mito della perfezione al culto dell’autenticità

«Tra gli anni ’80 e 2000 si assiste al dominio di un’estetica standardizzata: top model, star
televisive e attrici hollywoodiane impongono un modello globale di bellezza”. Un modello
irraggiungibile per i comuni mortali, come l’heroin chic, quella magrezza estrema, anche
malata se vogliamo, che ha dominato le passerelle e le copertine patinate per oltre un
ventennio.
L’avvento dei social media segna una svolta: l’immagine diventa immediatamente
condivisibile e continuamente valutata. La bellezza, iper-esposta, si intreccia con il consenso
sociale e con l’ansia da performance.
Negli ultimi dieci anni, però, si registra un contraccolpo. Finalmente stanchi dei diktat
estetici, sono emerse narrazioni alternative che spostano l’attenzione dall’ideale di
perfezione alla valorizzazione dell’autenticità. Vitiligine, diastemi, corpi voluttuosi, individui
transgender: quelli che una volta erano i reietti, oggi sono finalmente protagonisti di
un’industria che li ha sempre rifiutati. È il momento della presa di coscienza e
dell’accettazione di quei corpi che non aderiscono ai canoni di bellezza convenzionali.

La bellezza contemporanea

Anzi, l’industria beauty oggi valorizza corpi, etnie, generi ed età differenti, riconoscendo che
la bellezza non è più un modello universale. All’epoca dei ritratti della Carell le tendenze si
diffondevano per effetto trickle down, a cascata, come aveva osservato il sociologo George
Simmel.
«A inizio Novecento erano aristocrazia, nobiltà, attrici e alta borghesia le influencer ante
litteram che dettavano tendenze e stabilivano canoni di bellezza», spiega Ciaramella. «Poi è
arrivato il turno del cinema e delle riviste di moda».
L’avvento dei social ha segnato un cambiamento di paradigma di chi controlla la narrazione.
La bellezza non è più un segno di potere imposto dall’alto, ma un campo di negoziazione
collettiva dove convivono norme, contestazioni e sperimentazioni. Le tendenze si propagano
peer-to-peer, prima all’interno della propria nicchia di appartenenza – dove influencer e
creator diventano i nuovi punti di riferimento – e poi si diffondono progressivamente.
Se i ritratti di Ghitta Carell fissavano un’immagine solenne e immutabile, oggi la bellezza è
un flusso, continuamente aggiornato e reinterpretato. «La rivoluzione culturale ha conferito
alle donne la libertà di scegliere come esprimere la propria estetica, sia in termini naturali
che artificiali, rompendo con i rigidi canoni imposti», afferma l’esperto. «La nuova concezione
della bellezza, più inclusiva e personale, nonché le mescolanze genetiche e la libertà di
scelta di come costruire la propria estetica, hanno favorito una varietà di modelli che
convivono e dialogano, restituendo alla bellezza la sua natura più autentica, quella che non
si sofferma esclusivamente sull’aspetto, ma sul carattere che emerge dall’estetica».


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