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Kristen Stewart ha aspettato tutta la vita per dirigere The Chronology of Water

Parlo al telefono con Kristen Stewart proprio il giorno in cui sta dando gli ultimi ritocchi al suo debutto alla regia, The Chronology of Water. «Potrei mettermi a piangere», dice. «Chiedo scusa, sono arrivata un po’ di corsa».

In effetti è arrivata davvero un po’ di corsa, parlando veloce con rabbia e passione. Cerca di fare questo film da otto anni, e aspetta di dirigerlo da tutta la vita.

La carriera di attrice di Stewart non ha bisogno di presentazioni. Ha sfondato con il franchise di Twilight, ma ha trascorso i molti anni successivi nel mondo del cinema d’autore ed europeo, recitando in Certain Women di Kelly Reichardt, Sils Maria e Personal Shopper di Olivier Assayas e Spencer di Pablo Larraín, che le è valso una nomination all’Oscar. E adesso ha trasferito quello stile sicuro e audace nel suo debutto alla regia, un’esplosione viscerale di sensi e sentimenti.

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«Volevo fare un film sul processo di scrittura, sulla capacità di metabolizzare cose molto brutte e di riscrivere la propria cazzo di storia in modo da poterci convivere», dice Stewart.

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Il film, presentato in anteprima mondiale al Festival di Cannes, è un adattamento dell’omonima autobiografia del 2011 di Lidia Yuknavitch, che racconta in modo commovente i suoi traumi infantili, il suo alcolismo e il potere trasformativo della scrittura. Il libro, che la frase promozionale definisce «non la classica autobiografia della mamma», è ricco di prosa infuocata e immagini devastanti. «Ci sono voci che ti aiutano a trovare la tua», dice Stewart dell’opera di Yuknavitch. «Per me è diventato un testo sacro da un giorno all’altro».

Il film, che ha come protagonista Imogen Poots nel ruolo di Lidia, rende onore all’intensità dell’autobiografia descrivendo con onestà il difficile percorso di una donna. A renderlo ancor più viscerale è uno stile di montaggio intenso, caratterizzato dalla rapidità con cui si susseguono stacchi e immagini, oltre che da un sound design immersivo. The Chronology of Water non ha ottenuto facilmente i finanziamenti, a causa del suo soggetto e della sua prospettiva fortemente femminile, che parlano di corpi, rabbia, vergogna e redenzione. Ma era un film che Stewart doveva fare a tutti i costi. «La donna in questo film è sottoposta a parecchi maltrattamenti», dice. «Il film è stato sottoposto a maltrattamenti, cazzo. È molto meta».

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«È così assolutamente straordinaria che mi fa rizzare i capelli», dice Stewart dell’interpretazione di Poots. «Sono molto orgogliosa di lei e non vedo l’ora che la gente lo veda».

Anche dopo aver trovato il suo testo sacro, a Stewart ci sarebbero voluti anni per portare a compimento la sua idea. Ha annunciato per la prima volta la sua intenzione di dirigere un lungometraggio al Festival di Cannes del 2018. Il primo cortometraggio che aveva diretto, Come Swim, era stato proiettato al festival l’anno precedente. Quel film di 17 minuti (un viaggio astratto e immersivo che racconta la storia di un uomo alle prese con l’ansia e la fine di un amore) ha rivelato l’interesse di Stewart a giocare con il tempo e il sound design in modo da cogliere i sentimenti più che le trame lineari. All’epoca non lo sapeva nessuno, ma alcune di quelle scelte stilistiche si sarebbero tradotte nel suo debutto alla regia.

Stewart ha letto per la prima volta l’autobiografia di Yuknavitch sul suo Kindle mentre stava girando il film J.T. LeRoy nel 2017. Ha immediatamente contattato Yuknavitch per chiederle di poterlo adattare. «Ho letto questo libro e mi sono detta: “Porca puttana”», racconta. «In pratica si trattava di fare la cosa che amo di più in assoluto, cioè far scattare qualcosa in me e negli altri e cercare di vivere momenti magici di connessione emotiva, ma poi anche di prendere quell’energia e trasformarla in un processo creativo concreto attraverso la rielaborazione e la scrittura».

Stewart è volata a Portland, in Oregon, per convincere Yuknavitch che era la persona giusta per adattare la sua autobiografia. Pensava che non sarebbe stata un’impresa facile, visto che Stewart non aveva mai diretto nulla prima. «Ho detto: “Cosa posso offrirti? Un cazzo di tè, una birra, un Martini? Quanti abbracci ci vorranno?”», racconta. «Ma non è stato difficile. È sembrato naturale fin dall’inizio».

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Thora Birch (a sinistra) interpreta la sorella di Lidia (Poots).

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Le relazioni turbolente di Lidia (e il modo in cui le ricorda) fanno parte della storia.

Stewart avrebbe passato anni a scrivere e riscrivere la sceneggiatura. «Ci ho dato dentro di brutto con la scrittura», dice. «Ho fatto 500 film». Ammette di aver cercato di inserire il più possibile perché aveva un mare di idee e perché voleva disporre di varie alternative in fase di montaggio. Stewart cercava di far capire come l’aveva fatta sentire il libro, affrontando al contempo argomenti difficili come la violenza sessuale, la tossicodipendenza, l’amore queer e la perdita di un figlio durante il parto. «Si tratta di riappropriarsi della propria voce attraverso il corpo», dice. «E di come lo si elabora in quanto donna nel cazzo di mondo in cui viviamo oggi. E al momento non è facile».

Quindi sì, il finanziamento è stato un ostacolo. «In pratica, ho sviluppato la sceneggiatura al punto da permettere anche ad altri di capirla almeno alla lontana, e in pratica ho semplicemente convinto alcune persone davvero adorabili che questo progetto aveva una sua identità», dice Stewart. «Ho detto: “Bene, abbiamo convinto qualcuno a darci i soldi? Approfittiamone subito, cazzo!”».

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Stewart ha cercato a lungo la sua protagonista, ma ha assegnato la parte a Poots subito dopo l’audizione. «L’ho letteralmente fermata a metà e le ho detto: “Puoi anche smetterla, perché dobbiamo solo metterci al lavoro”», racconta. Stewart non conosceva personalmente Poots prima del film, ma ha scoperto presto che avevano alcune care amicizie in comune. L’attrice inglese è apparsa in 28 settimane dopo, nella serie di Showtime Roadies e nel film del 2020 The Father, ma Chronology of Water è un ruolo da protagonista di spessore e molto impegnativo. «È perfetta per questo ruolo, perché penso che in questa fase della nostra vita stessimo attraversando entrambe un momento difficile», dice Stewart. «Stavamo affrontando entrambe una specie di manovra di Heimlich emotiva che ci ha fatto dire: “È ora di guardarci dentro”».


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