Kneecap, niente Sziget: sono stati banditi per tre anni dall’Ungheria. La reazione del trio: “Decisione oltraggiosa”
Il governo ungherese ha vietato l’ingresso nel paese, per un periodo di tre anni, ai membri dei Kneecap, il trio hip-hop originario dell’Irlanda del Nord, noto per le sue posizioni politiche di sinistra e il forte sostegno alla causa palestinese. La band era attesa allo Sziget Festival, uno dei maggiori eventi musicali europei, in programma a Budapest dal 6 all’11 agosto.
A spiegare il provvedimento è stato Zoltán Kovács, portavoce dell’esecutivo guidato dall’estrema destra ungherese, che ha accusato i Kneecap di antisemitismo e di sostenere il terrorismo. Kovács ha definito la loro presenza una possibile minaccia alla sicurezza nazionale. Gli organizzatori dello Sziget hanno criticato duramente la decisione, definendola “senza precedenti”, “non necessaria” e “deplorevole”.
Durante i loro concerti, il trio proietta spesso frasi di denuncia contro le politiche di Israele, come ad esempio “Israele sta commettendo un genocidio contro il popolo palestinese”. Tali prese di posizione hanno portato a frequenti accuse di antisemitismo da parte di organizzazioni ebraiche e di alcuni esponenti politici vicini al governo israeliano.
Non è la prima volta che i Kneecap finiscono al centro di polemiche. Durante il festival di Glastonbury, nel Regno Unito, la loro esibizione aveva già sollevato controversie. Inoltre, a maggio, uno dei membri del gruppo, Liam Óg Ó hAnnaidh (alias Mo Chara), è stato incriminato nel Regno Unito per reati legati al terrorismo: secondo l’accusa, durante un concerto a Londra avrebbe esposto una bandiera di Hezbollah e urlato slogan a sostegno del gruppo libanese e di Hamas, entrambe considerate organizzazioni terroristiche dal governo britannico.
I Kneecap hanno respinto le accuse, sostenendo di non supportare né Hamas né Hezbollah, e definendo le accuse di antisemitismo come un tentativo di distogliere l’attenzione dalla crisi umanitaria e dalle vittime civili causate dall’offensiva israeliana nella Striscia di Gaza.
Non si è fatta attendere la reazione dei Kneecap, che in un comunicato sui loro profili social, hanno definito la decisione “fottutamente oltraggiosa” e attaccato frontalmente il premier Viktor Orbán, definendolo a capo di un “governo autoritario”.
“All’amato pubblico dello Sziget, eravamo elettrizzati all’idea di vedervi: ci dispiace non poter essere con voi”, scrive la band. “Il governo di Orbán dice che rappresentiamo una minaccia alla sicurezza nazionale. Ridicolo, da parte di un uomo che ha accolto Netanyahu come un eroe poche settimane fa”. E ancora: “Non esiste alcuna base legale per questa decisione. Nessun membro dei Kneecap è mai stato condannato per alcun crimine in nessun Paese. Ci opponiamo a ogni crimine d’odio, e sosteniamo amore e solidarietà”.
Il trio ha poi definito il provvedimento un tentativo di distrazione politica: “È evidente che si tratta di un modo per silenziare chi denuncia il genocidio contro il popolo palestinese. Come i cittadini di Budapest che hanno sfidato il divieto del proprio presidente sul Pride, anche noi continueremo a lottare per ciò che è giusto». Il messaggio si è chiuso con parole inequivocabili: «Free Palestine. Tiocfaidh ár lá (il nostro giorno verrà). Fottiti Viktor Orbán.
Nei giorni scorsi, i Massive Attack erano intervenuti per difendere gli artisti che prendono posizione contro quella che viene definita la campagna genocida di Israele contro il popolo palestinese. I cori “Free Palestine” si sentono ovunque. Tuttavia, varie forze — dentro e fuori l’industria musicale — si sono coalizzate contro alcuni di questi artisti: Mo Chara dei Kneecap accusato di terrorismo, i Bob Vylan privati del visto per entrare negli Stati Uniti. Ora, i veterani della scena di Bristol, hanno lanciato una nuova alleanza a sostegno degli artisti che ritengono “vittime di intimidazioni” e “censura organizzata” per aver parlato di quanto sta accadendo a Gaza.
I Massive Attack hanno annunciato la nascita di questa alleanza via Instagram. Il gruppo di “Mezzanine” si esprime da tempo sul tema. Nel 2023 ha collaborato con Young Fathers e Fontaines Dc per l’Ep benefico “Ceasefire”, i cui proventi sono stati devoluti a Medici Senza Frontiere per gli aiuti umanitari a Gaza. I Massive Attack sono anche tra i tanti artisti che hanno firmato una dichiarazione di sostegno ai Kneecap, dopo i tentativi delle autorità di colpirli in seguito alla loro esibizione al Coachella. Lo scorso mese, la band ha minacciato azioni legali contro un’influencer israeliana che li aveva accusati di “istigazione”. La dichiarazione pubblicata ieri sul loro Instagram è stata ricondivisa da Brian Eno. Secondo The Guardian, anche i Kneecap e i Fontaines Dc sostengono l’iniziativa. Ecco la dichiarazione completa dei Massive Attack:
“Le scene da Gaza hanno superato ogni possibilità di descrizione. Scriviamo come artisti che hanno scelto di usare la propria visibilità pubblica per denunciare il genocidio in atto e il ruolo del governo britannico nel facilitarlo.
A causa delle nostre prese di posizione, siamo stati oggetto di diverse forme di intimidazione all’interno dell’industria (dal vivo e discografica), e anche a livello legale, da parte di organismi organizzati come UK Lawyers For Israel (UKLFI), le cui attività sono state finalmente smascherate in un nuovo documentario proiettato ieri sera dal collettivo Led By Donkeys.
Siamo ben consapevoli della portata delle campagne aggressive e pretestuose condotte da UKLFI, così come di numerosi casi individuali di intimidazione all’interno del settore musicale, mirati unicamente a censurare e silenziare gli artisti che esprimono la propria coscienza.
Avendo resistito a queste campagne di censura, non resteremo a guardare mentre altri artisti — in particolare quelli nelle fasi iniziali della carriera o in situazioni professionali più vulnerabili — vengono minacciati o messi a tacere.
In questo spirito, invitiamo gli artisti che si trovano in questa situazione, o chiunque desideri ora usare la propria piattaforma per parlare della Palestina ma teme conseguenze legali o professionali, a contattarci.
Vogliamo collaborare per condividere esperienze, risorse creative e basate sui fatti e, cosa fondamentale, per unirci in forza e solidarietà e chiedere insieme:
Accesso immediato e illimitato a Gaza per le agenzie internazionali di soccorso, senza minacce militari.
La fine dell’orribile persecuzione contro operatori sanitari e umanitari.
La cessazione delle licenze e vendite di armi dal Regno Unito a Israele.
Un cessate il fuoco immediato e permanente.
Una Palestina libera.
Se finora hai avuto paura di parlare ma pensi sia troppo tardi, non lo è.
Non è mai troppo tardi per unirsi a questo movimento.
Tutti sono i benvenuti”.