Kirillov, arrestato un uzbeko: “Rifugio in Ue e 100mila dollari. Funzionari Nato ora bersagli”
Un arresto, in fretta e furia, e poi accuse e minacce assortite all’Occidente tutto. Il day after l’attentato in cui è stato ucciso il generale Igor Kirillov, a Mosca procede secondo copione. Lasciando molti conti in sospeso che, nonostante la dialettica del Cremlino, non tornano per niente. Un uzbeko arrestato, una confessione per nulla credibile, dettagli non verificabili e già spacciati per chiarissimi e il pretesto per accusare chiunque di complicità. D’altra parte c’è uno smacco enorme da sanare e all’immagine, dalle parti di Mosca, tengono parecchio.
Secondo quanto riferito dai russi, il responsabile dell’attentato del generale a capo delle forze di difesa nucleari, chimiche e biologiche, e del suo assistente, sarebbe un cittadino uzbeko di 29 anni, che è stato arrestato e ha già confessato tutto, ovviamente a favore di telecamera. Ha raccontato di essere stato reclutato dai servizi segreti ucraini e, seguendo le loro istruzioni, sarebbe giunto a Mosca dove avrebbe ricevuto un potente ordigno esplosivo artigianale posizionandolo poi su un monopattino elettrico vicino all’edificio del generale. Un complice avrebbe fatto esplodere la bomba, contenente circa un chilogrammo di tritolo, secondo la Tass, non più di 300 grammi secondo altre ricostruzioni. I servizi russi, raccontano che l’uomo avrebbe avuto dall’Ucraina «la garanzia» di una ricompensa pari a 100mila dollari e il «permesso» di trasferirsi nell’Unione Europea. Fatto per nulla credibile, dato che l’Ucraina non fa parte della Ue e quindi non può garantire la cittadinanza europea a nessuno. Ma tanto basta per rendere efficace il passaggio successivo: individuare, oltre gli ovvi mandanti ucraini, anche i complici dell’uccisione di Kirillov, affidando ai soliti falchi del Cremlino il compito di attaccare e minacciare. Anche qui secondo copione. «I funzionari della Nato che hanno deciso di sostenere l’Ucraina sono considerati un obiettivo militare legittimo per la Federazione russa», ha detto il vicepresidente del Consiglio di sicurezza Dmitrij Medvedev. La portavoce del ministero degli esteri Maria Zakharaova va oltre, accusando direttamente gli Stati Uniti. «Non sanno niente dell’accaduto? È ridicolo. Washington non ha mai condannato un solo attacco terroristico o omicidio pianificato commesso dal regime di Kiev».
Quello che non ha rispettato un copione predefinito è stato invece l’attentato stesso. L’esplosione dell’ordigno che ha ucciso Kirillov e il suo assistente Ilya Polikarpov, è stata ripresa dalle telecamere di sicurezza e mostra da una parte la vulnerabilità di un generale di alto rango e dall’altra la facilità con cui la carica esplosiva è stata piazzata su un monopattino, un mezzo anonimo che non desta sospetti. Una bomba tecnicamente molto più facile da piazzare e da innescare rispetto a quelle tradizionali. Una strategia, quella di Kiev, già vista nel recente passato per l’eliminazione di altri bersagli su suolo russo utilizzando la tecnica «israeliana» contro l’Iran. Attacchi fuori dal campo di battaglia tradizionale e tecnologie semplici ma efficaci per non dare nell’occhio.
In questo caso, un attacco ancora più eclatante perché ad essere colpito è stato un generalissimo di Putin, incriminato da Kiev il giorno prima dell’attentato per aver utilizzato armi chimiche durante il conflitto. Un messaggio chiaro a chi ha iniziato e continua una guerra di aggressione. E un affronto per Mosca, costretta a constatare di non essere invulnerabile, nemmeno a casa propria.
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