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Kiev, colpo grosso a Tver. E Bruxelles vota sulle armi


Kiev, colpo grosso a Tver. E Bruxelles vota sulle armi

L’intento è chiaro, così come gli ostacoli per arrivare a una soluzione: stare con l’Ucraina, così concretamente da togliere in maniera congiunta il veto all’utilizzo delle armi a lungo raggio su territorio russo, per colpire le basi da cui partono gli attacchi. Ma se fino a ieri ogni nazione si muoveva in ordine sparso, ora l’Europa vuole superare i personalismi mettendo il cappello sulla rimozione al veto, riuscendo al tempo stesso a togliere dall’imbarazzo chi sinora ha sempre sostenuto le ragioni del «no» e permettere a Kiev di difendesi in maniera più efficace. Oggi il voto all’Eurocamera in cui si «invitano gli Stati membri a revocare immediatamente le restrizioni sull’uso dei sistemi d’arma occidentali consegnati all’Ucraina contro obiettivi militari legittimi sul territorio russo» con il sostegno di popolari, liberali e socialisti, per quello che si annuncia un voto chiave per il destino del conflitto.

Si tratta di un primo vero e probante test per la nuova vecchia Europa targata von der Leyen. Il Parlamento, secondo il testo della bozza di risoluzione, «le consegne insufficienti di munizioni e armi e le restrizioni al loro utilizzo rischiano di vanificare gli sforzi intrapresi finora e deplora profondamente la diminuzione del volume finanziario degli aiuti militari all’Ucraina da parte degli Stati membri, nonostante le forti dichiarazioni rilasciate all’inizio di quest’anno». Per questo, oltre a sollecitare il rispetto degli impegni assunti, tra cui quello «a sostenere militarmente l’Ucraina con almeno lo 0,25% del loro Pil annuo», chiede il ritiro alle restrizioni all’uso di armi su territorio russo. Proprio quello che da tempo chiede a gran voce il presidente Volodymyr Zelensky, che ha ribadito l’esigenza del suo Paese nel corso degli ultimi colloqui avuti con i partner occidentali. Appena avuta notizia del voto, sono partiti i negoziati tra le varie delegazioni tra cui quella italiana che, secondo indiscrezioni, rimane in linea con la posizione del governo e quindi intenzionata a votare contro ma una mediazione è ancora possibile, soprattutto se il cappello europeo sulla decisione fosse una reale manleva alle scelte dei singoli Stati.

Anche perché, in un modo o nell’altro, l’azione ucraina in Russia non si ferma. La scorsa notte in un raid condotto con oltre 100 droni è stato colpito un importante deposito di missili, anche quelli ipersonici Iskander, nella regione russa di Tver. Le esplosioni che si sono innescate a seguito dell’attacco hanno portato un tale effetto da essere registrate anche dai centri per il rilevamento dei terremoti con un incendio che ha interessato una area di almeno sei chilometri di ampiezza, portando molti civili all’evacuazione. «Il deposito è stato letteralmente distrutto», dicono fonti ucraine. Da quanto trapela, nel magazzino si trovavano missili balistici, bombe aeree guidate e munizioni di artiglieria.

Un successo, che spinge il consigliere del presidente ucraino Podolyak a dire che «qualsiasi congelamento della guerra non farà altro che preservare il sistema politico in Russia e il nemico non farà altro che accelerare l’escalation» e quindi non è ancora il momento di negoziare con la Russia.

Certo, se cadesse il veto all’utilizzo delle armi occidentali in Russia, a quel punto Kiev farebbe un passo importante anche in ottica dialogo: costringere Mosca a trattare in condizioni di forza. Ecco perché il voto di oggi a Strasburgo può davvero rappresentare una svolta.


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