Julio Cesar Chavez jr arrestato in Usa. Espulso in Messico, avrebbe legami con un cartello criminale
Le luci dei riflettori su Julio Cesar Chavez jr erano tornate ad accendersi, dopo un periodo di oblio, lo scorso fine settimana. Sul ring dopo 4 anni di assenza per un match discutibile – ma redditizio dal punto di vista economico – perso ai punti contro il pugile youtuber Jake Paul. Ora però, a distanza di pochi giorni, la cronaca è tornata a interessarsi di lui per questioni che con la boxe c’entrano decisamente poco. Chavez infatti è stato arrestato in California e sarà espulso in Messico, dove lo aspetterebbe un’accusa per il coinvolgimento in un traffico d’ami legato al cartello di Sinaloa, uno dei più potenti della criminalità organizzata messicana.
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In Usa con un visto turistico scaduto lo scorso anno
Chavez era entrato negli Usa nel 2023 fa con un visto turistico scaduto lo scorso anno. A quel punto aveva fatto domanda per la regolarizzazione della sua permanenza, ma questa era stata puntualmente respinta. Decisive in tal senso le politiche sull’immigrazione di Donald Trump, ma soprattutto l’accostamento al cartello di Sinaloa e altri precedenti non edificanti.
Un ottimo pugile, ma dalla vita complicata
Chavez jr, che ha 39 anni, è stato un ottimo pugile. Bravo sul ring e, almeno in partenza, capace di resistere all’ombra oppressiva del padre, quel Julio Cesar Chavez leggenda del Messico e tra i più grandi di sempre. Nel 2010 è arrivato a conquistare il titolo mondiale dei pesi medi per la Wbc (la serie A della boxe) mantenendolo per due anni prima di cederlo all’argentino Sergio Martinez dopo un match dall’epilogo drammatico. Da allora la sua carriera ha subito una involuzione, andata di pari passo con l’aumento dei problemi con la legge. Un arresto per guida senza patente sotto l’effetto di alcol e droga nel 2012 gli è costato un breve periodo di carcere ma anche tre anni di libertà vigilata. Più recentemente è stato arrestato per reati legati al traffico d’armi, gli stesso che gli sono costati l’arresto e l’espulsione in Messico, dove sarà processato.
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