Jools – Violent Delights | Indie For Bunnies
È finalmente arrivato il momento del debutto discografico per i Jools, sestetto originario di Leicester con un’identità sonora già riconoscibile, anche se ancora in fase di definizione. Il loro primo album, “Violent Delights”, è un lavoro potente, variegato e profondamente emotivo, che mette insieme con audacia metal, rap, post-hardcore, hip hop e accenti post-punk, mantenendo però un sound accessibile e fortemente radio-friendly.

Al centro di tutto ci sono le voci di Kate Price e Mitch Gordon che si intrecciano in una dinamica affascinante, tra tensione e armonia, come una conversazione costante tra due anime contrapposte ma complementari. Il loro stile vocale alterna momenti di spoken word, grida rabbiose e sussurri intimi, creando un impatto emotivo notevole. Nel comunicato stampa che accompagna l’uscita del disco, Price descrive questa dualità come “una lotta tra il celestiale e il bestiale”, e non è difficile capire cosa intenda.
Il disco si apre e si chiude con lo stesso verso – These violent delights have violent ends – a suggellare la coerenza tematica e concettuale dell’intero progetto. È un’eco narrativa voluta, che racchiude l’essenza di un album che affronta esperienze personali con crudezza e autenticità. I temi vanno dalla dipendenza (“Dunoon”), alla violenza di genere (“97%”), passando per l’identità queer, il lutto e le ossessioni dell’era moderna.
Registrato con il produttore Lewis Johns in quel di Southampton, “Violent Delights” è stato concepito come un disco di rottura, tanto stilistica quanto emotiva. Gordon sottolinea che i Jools “non scrivono musica per suonare bene, ma per dire qualcosa”, e in effetti ogni traccia suona come un piccolo atto di ribellione, un grido di sopravvivenza che oscilla tra introspezione e aggressività.
Dal punto di vista musicale, però, qualche limite si fa sentire. Il suono, per quanto ben prodotto e pompatissimo, risulta a tratti troppo brillante e levigato; avrebbe forse beneficiato di un approccio meno pop e più ruvido, vicino al grunge o all’alternative rock degli anni ’90. Inoltre, la volontà di incorporare così tanti stili e influenze – specialmente nei frequenti inserti rap e spoken word – rischia di diventare un esercizio di stile fine a sé stesso. C’è la sensazione che i Jools vogliano dimostrare tutto ciò che sono in grado di fare, senza sempre scavare a fondo in una direzione ben definita.
Ciononostante, “Violent Delights” rimane un esordio maturo, coraggioso e significativo, con momenti di grande forza e profondità emotiva. Brani come “Cardinal” e “Knee Injury” sono già piccoli manifesti di un’identità in costruzione, mentre la chiusura con la title track conferma la capacità del gruppo di unire vulnerabilità e potenza.
I Jools hanno ancora margini di crescita – soprattutto nella sintesi del loro stile – ma dimostrano con questo primo album di avere una voce chiara, urgente, e un’attitudine autenticamente punk nel senso più ampio e moderno del termine.
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