Jonathan Milan vince la maglia verde: l’impresa del velocista italiano nel Tour dominato da Pogacar
Gli Champs-Élysées sono pronti ad accogliere in trionfo Jonathan Milan. L’azzurro, con una tappa di anticipo, ha coronato il sogno di una carriera per un velocista: vincere la maglia verde al Tour de France. Un successo che Milan si è sudato fin dalla prima tappa a Lille, quando è rimasto staccato nei ventagli. Quella, però, è stata l’unica nota dolente di un Tour eccezionale. Al debutto nella corsa a tappe più importante al mondo l’azzurro ha vinto due frazioni, spezzando un digiuno che per l’Italia durava da sei anni e 113 tappe, e si è preso la maglia verde con un giorno di anticipo, visto che ha 80 punti di vantaggio su Tadej Pogacar e nella frazione conclusiva di Parigi ce ne sono solo 70 a disposizione.
Il corridore della Lidl-Trek l’ha vestita per la prima volta al termine della terza tappa con arrivo a Dunkerque. Quel giorno il principale rivale, Jasper Philipsen, che aveva vinto la prima frazione accumulando un vantaggio di 40 punti sull’azzurro, è stato costretto all’abbandono causa una brutta caduta durante la volata per lo sprint intermedio, in cui ha riportato la frattura della clavicola. Il ritiro del belga ha aperto le porte a Milan, che da quel giorno ha dettato legge tra i velocisti. Solo Tim Merlier è riuscito a batterlo in due occasioni nelle volate per la vittoria di tappa, ma il friulano è stato il più costante e ha sconfitto quasi sempre gli avversari negli sprint intermedi. È proprio lì che Milan ha costruito il suo successo, visto che, quando manca solo la tappa di Parigi, ha raccolto ben 202 dei suoi 352 punti totali.
Un bottino che gli ha consentito di arginare l’assalto di Pogacar. Con quattro successi di tappa e numerosi podi lo sloveno è stato l’avversario più pericoloso per Milan. Il vincitore del Tour de France, però, ha ottenuto solo 3 punti negli sprint intermedi perché, giustamente, curava la classifica generale e non quella a punti. Ed è lì che Milan ha scavato il solco decisivo. Fondamentale è stato ogni traguardo, in cui l’azzurro ha quasi sempre conquistato il bottino massimo a disposizione, al netto dei corridori in fuga. Un altro snodo cruciale è stato il ritiro alla vigilia dell’ultima settimana per una polmonite di Mathieu Van der Poel. L’olandese era in piena lotta per la classifica a punti considerato che a sei tappe dal termine era staccato di 41 punti. La sua presenza avrebbe cambiato il copione perché, con ogni probabilità, avrebbe cercato la fuga nelle tappe mosse per conquistare i punti degli sprint intermedi e nelle due frazioni di montagna avrebbe conteso a Milan la volata, rimanendo a contatto dell’azzurro. Un eventuale secondo successo di tappa, a Parigi o a Pontarlier, per esempio, avrebbe potuto consentire a Van der Poel il sorpasso.
Con i se i ma, però, la storia non si fa, come recita il famoso proverbio. E Milan ha meritato la maglia verde. Una vittoria storica perché è solo la terza volta per un italiano. Prima di lui ci erano riusciti Franco Bitossi nel 1968 e Alessandro Petacchi nel 2010. Milan è la nota lieta del ciclismo italiano, che domenica sugli Champs-Élysées potrà sorridere, ma è anche una maschera alle prestazioni negative altrui. Se si esclude il friulano, nessun altro azzurro è stato protagonista alla Grande Boucle. Nessuno ha centrato una top-3 di tappa e nelle fughe le apparizioni dei nostri connazionali sono state sporadiche. Tolto Milan, l’Italia non ha recitato neanche il ruolo di comparsa come testimonia il miglior azzurro in classifica, Simone Velasco, 38esimo a 2h41 minuti da Tadej Pogacar. Un distacco abissale che deve far riflettere il movimento. Da troppi anni, gli italiani non sono più protagonisti al Tour de France e i tempi in cui il nostro Paese era una superpotenza del ciclismo sono ormai un miraggio. Jonathan Milan e la sua maglia verde riescono solo per un giorno a nascondere le lacune del nostro ciclismo.
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