Johnny Marr – Live @ Fabrique (Milano, 06/11/2025)

di Enrico Sciarrone
“Ho sempre pensato che il mondo fosse abbastanza grande per Morrissey e per Marr. Ci sono cose molto più importanti che accadono in questo mondo“ ….sta tutto in queste parole , chiosa perfetta con cui Johnny Marr ha chiuso una recente intervista all’ennesima domanda sul suo passato con gli Smiths e sul suo rapporto con gli ex compagni di ventura , la sintesi di quel che è la raggiunta consapevolezza e maturità raggiunta all’apice del percorso artistico e professionale, ormai quarantennale, da parte di Johnny Marr, a dimostrazione che il termine “Guitar Hero” non è necessariamente sinonimo di una semplice dimostrazione di virtuosismo ma di colui che sa superarsi alzando ogni volta il livello delle sue ambizioni.
D’altronde non era facile per lui metabolizzare e superare quel che è stato il trauma di una fine burrascosa di un progetto musicale che ha marchiato a fuoco un’intera generazione, quando gli Smiths non erano soltanto la band più importante del pop inglese ma anche quella con il chitarrista più talentuoso.
Da quella tormentata esperienza appena vissuta aveva intrapreso prima un percorso teso quasi a prendere le distanze o affrancarsi concentrato (con alterne fortune va detto) su progetto musicali spesso innovativi (come il super gruppo Electronic) o come punto di riferimento per molte band (l’avventura con gli Healers e le collaborazioni con Modest Mouse e Cribs) poi una intensa attività di partecipazioni pregiate con i più grossi nomi della panorama musicale internazionale (The The, Pretenders, Oasis, Pet Shop Boys, Beck, Bryan Ferry per citarne alcuni).
Paradossalmente la sua carriera solista come cantautore si è materializzata solo nell’ultimo decennio con 4 album in studio, il primo dei quali nel 2013 con un titolo beneaugurante come “The Messenger” dove il Nostro ha iniziato a cimentarsi anche come vocals, oltre che a sperimentare un nuovo corso musicale, dedito a un songwriting marcatamente pop-rock, nel quale la complessità delle parti di chitarra si è attenuata, a scapito di una maggiore attenzione verso linee melodiche e atmosfere malinconiche .
Questo è il Johnny Marr che si è presentato ieri sera sul palco del Fabrique, stipato all’inverosimile nella prima delle due date italiane inserite nel tour promozionale europeo del nuovo lavoro live “Look Out Live”, un artista che ha dimostrato di continuare a evolversi, intrecciando sapientemente sul palco ogni epoca della sua vita musicale con sicurezza e creatività chiamando a raccolta il suo pubblico, formato principalmente da numerose vedove inconsolabili (come il sottoscritto) che lo ha visto esordire e soffrire la dipartita degli Smiths, che ha risposto in massa presente.
Prima, per scaldare gli animi dei convenuti, l’ennesima proposta musicale proveniente dall’Irlanda, i Clockworks con un sound post punk di fonteinesana ispirazione che hanno sciorinato un set abbastanza tirato con energia, creatività e sicurezza sul palco lasciano presagire una band di ottime potenzialità.
Poi è arrivato lui con la sua band, puntualissimo ed è stato un tripudio di musica per chitarra creativa, spettacolarità e una produzione dal vivo impeccabile. Il sound del Fabrique è stato perfetto e ha contribuito in maniera decisiva a rendere tutto perfettamente godibile.

La performance, veramente tirata, dove hanno fatto capolino tutte le diverse sonorita’ del repertorio, ha toccato tutte le fasi salienti della carriera di Marr, con ampio risalto alla recente produzione da solista (“The Messenger” è l’album più gettonato), a testimonianza di un presente concreto, che ha fatto da contraltare a continui tuffi nel passato di epoca Smiths a cui Johnny Marr (saranno ben 7 i brani) non si è sottratto affatto sfidando con orgoglio a audacia l’inevitabile confronto vocale con l’ex sodale Morrissey con il pubblico in delirio che ha tributato autentiche ovazioni cantando a squarciagola e contribuendo in un paio di brani, come in occasione della straordinaria acustica “Please, Please, Please, Let Me Get What I Want” (autentico cavallo di
battaglia del “rivale”) e ma soprattutto il bis finale “There is a light that never goes out”, a creare una straordinaria atmosfera emotiva, regalando uno di quei momenti che ti ricordano perché i set di Johnny sono così speciali. Dedicato a “tutti nella stanza e a nessun altro“, ha scatenato un’ondata di emozioni comuni: cori, braccia alzate e la sensazione condivisa che tutti i presenti avessero appena assistito a qualcosa di veramente straordinario. Il tutto a suggellare una perfetta simbiosi con lo stesso Marr, amabile, sorridente e rilassato fin dalle prime battute, che ha sovente scherzato con il pubblico rivelandosi un artista completo: frontman, cantante e chitarrista, il tutto in perfetto equilibrio.
Ciò che traspare di più è la sua gioia nell’esibirsi: la padronanza spontanea di un eroe della chitarra, il calore di un frontman che ama ancora condividere la sua arte e il legame che crea con ogni pubblico. Non è stata solo una celebrazione del suo passato, con cui Johnny Marr ha mostrato di convivere oggi serenamente ma la prova che la storia di Johnny è ancora in fase di scrittura – e non fa che migliorare.
Source link




