John Elkann paga 183 milioni e chiede la messa alla prova. Archiviati Lapo e Ginevra
John Elkann ha chiesto la “messa alla prova” e ha versato all’Agenzia delle Entrate 183 milioni di euro: per le evasioni fiscali e il mancato pagamento della tassa di successione nell’ambito della truffa ai danni dello Stato contestatagli dai pm di Torino per l’eredità di sua nonna Marella Caracciolo, la vedova di Gianni Agnelli. Un esito dell’inchiesta penale, cominciata il 7 febbraio 2024, anticipato dal Fatto Quotidiano il 13 luglio scorso (nel frattempo il versamento al fisco è salito rispetto ai 175 milioni del primo accertamento), ma che adesso è confermato e spiegato in un comunicato della Procura della Repubblica firmato dal procuratore capo Giovanni Bombardieri e reso pubblico poco dopo le 18, a borse chiuse (una “tutela” su possibili ripercussioni sui titoli di Stellantis e della galassia Exor).
Le carte del fascicolo sono state trasmesse ieri mattina all’ufficio dei giudici delle indagini preliminari che, nelle prossime settimane, dovrà assegnarla a un gip: toccherà a lui decidere sulla richiesta del presidente di Stellantis. I pm dell’inchiesta, il procuratore aggiunto Marco Gianoglio e i sostituti Mario Bendoni e Giulia Marchetti, hanno dato parere favorevole (peraltro non vincolante) per la “messa alla prova” di Elkann. Se anche il gip deciderà in tal senso, il nipote dell’Avvocato svolgerà un programma “riparatorio” e di lavori di “pubblica utilità” legati all’assistenza di soggetti deboli (alcolisti, tossicodipendenti) o in strutture socio-sanitarie (anziani e disabili) oppure di protezione civile e, infine, in realtà di valorizzazione culturale e di tutela dell’ambiente. Un impegno che dovrebbe durare almeno un anno: il procedimento sarà sospeso e, se al termine di quel periodo Elkann avrà concluso positivamente il percorso indicato dal gip, il reato si estinguerà.
Contestualmente, l’accusa ha chiesto al gip l’archiviazione per i fratelli di John, Lapo e Ginevra, e per il notaio svizzero che ha redatto il testamento e l’inventario dei beni di Marella Caracciolo, Urs von Grünigen: tutti indagati per gli stessi reati contestati al presidente di Stellantis. Parere favorevole, invece, per il patteggiamento chiesto dai legali di Gianluca Ferrero, commercialista di fiducia degli Agnelli e di Elkann e presidente della Juventus: per lui le contestazioni riguardavano sia la truffa ai danni dello Stato e le relative evasioni fiscali, sia il concorso nella “falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici”. Un reato che avrebbe commesso in concorso con il notaio torinese Remo Maria Morone quando, con 17 anni di ritardo, fu regolarizzata alla Camera di Commercio di Torino la dichiarazione sull’assetto della società semplice “Dicembre”: è quella che consente a John Elkann, come già al nonno Gianni, il controllo dell’impero di Famiglia (ne possiede il 60% mentre il restante 40% è diviso tra Lapo e Ginevra). Grazie alle email rintracciate nei computer dello studio del notaio dagli uomini della Guardia di Finanza guidati dal colonnello Alessandro Langella, i pm ipotizzano che Morone e Ferrero possano aver concordato di alterare la data di due dei 13 documenti poi depositati alla Camera di Commercio. Il notaio, però, ha deciso di non accedere a sua volta al patteggiamento: nei suoi confronti la procura ha depositato la chiusura indagini e gli atti che lo riguardano. Una mossa che potrebbe poi preludere a una richiesta di rinvio a giudizio: se così poi accadesse, in tribunale si svolgerebbe un dibattimento nel quale sarebbero rievocate buona parte delle vicende legate all’inchiesta penale sull’eredità di Marella Agnelli, con l’audizione in aula di testi e anche di co-indagati di Morone.
Un effetto in parte boomerang, è probabile, per John Elkann la cui mossa di chiedere la “messa alla prova” (che presuppone appunto il “risarcimento” all’Agenzia delle Entrate) nasceva anche dalla volontà di evitare un dibattimento pubblico e un’eventuale condanna (anche se sul processo avrebbe potuto poi incombere, nei suoi vari gradi, la possibile prescrizione di alcuni reati. Un’eventualità che può aver pesato anche sulla decisione della Procura torinese di dare un parere favorevole per la “messa alla prova”, una volta ottenuto ciò che era nell’interesse primario dell’indagine e sempre dichiarato dai pm: il risarcimento al fisco). La scelta del presidente di Stellantis non può in alcun modo essere interpretata come un’ammissione di colpa, ma avrà comunque effetti negativi e in qualche modo imbarazzanti per la sua immagine che da mesi sta cercando faticosamente di recuperare anche con una strategia di comunicazione affidata ad esperti del settore.
L’inchiesta torinese aveva preso le mosse dopo un esposto presentato nel 2023 dalla madre dei fratelli Elkann, Margherita Agnelli de Pahlen che in una processo civile parallelo, in corso davanti al Tribunale di Torino, chiede di dichiarare la nullità della residenza svizzera di sua madre Marella che le avrebbe consentito di indicare nei tre nipoti Elkann, con un testamento, i suoi soli eredi legittimi: escludendo la figlia e anche gli altri cinque nipoti nati dal matrimonio di Margherita con Serge de Pahlen. Le indagini dei pm e delle Fiamme Gialle avevano portato alla contestazione di “artifizi e raggiri” che sarebbero stati messi in atto per costituire (almeno dal 2010 e sino al 23 febbraio 2019, data della sua morte) una falsa residenza svizzera di Marella: per non pagare la tassa di successione in Italia e per escludere Margherita dall’asse ereditario.
La cifra di 183 milioni pagata da Elkann all’Agenzia delle Entrate tiene conto di quanto accertato durante l’inchiesta oltre che delle relative sanzioni. Nel settembre 2024 infatti, i pm avevano emesso un decreto di sequestro preventivo, convalidato dal gip, per 74,8 milioni di euro. In quell’atto era indicata un’evasione fiscale (42,8 milioni circa) su una rendita vitalizia che la nonna degli Elkann riceveva dalla figlia Margherita (29 milioni tra il 2015 e il 2019) e su redditi da capitale per 116,7 milioni derivanti da attività finanziarie affidate a due trust con sede alle Bahamas. A questo si aggiungevano 32 milioni di tassa di successione non versata riconducibili alle quote di un fondo di investimento lussemburghese e alla presunta “spartizione post mortem” tra i tre fratelli di opere d’arte e gioielli di ingente valore (oltre a 170 milioni di euro, di cui 78 solo per una coppia di orecchini con diamante blu ufficialmente trasferita a Ginevra Elkann), giustificandoli invece come “regali” ricevuti dalla nonna. Somme che sarebbero aumentate, all’inizio dell’anno, dopo la scoperta da parte della Guardia di Finanza di un altro offshore alle Bahamas con un patrimonio di quasi 500 milioni di euro, gestito in Lussemburgo dalla fiduciaria Piz Nair che prende il nome dalla montagna che domina Sankt Moritz dove si trova Chesa Alcyon, la villa di Gianni Agnelli ora passata al nipote. Nel comunicato della procura si specifica infine: “Risultano accertati redditi non dichiarati ai fini Irpef per un importo complesssivo 248,5 milioni di euro, nonché una massa ereditaria non sottosposta a tassazione per un valore pari a circa un miliardo di euro“.
Tutti i documenti dell’indagine penale, oltre a quelli già acquisiti nei mesi scorsi, dovrebbero confluire nel processo civile che riprenderà la mattina di lunedì 29 settembre con una nuova udienza. È probabile che già in quell’occasione, il legale di Margherita Agnelli, l’avvocato Dario Trevisan ne chieda il trasferimento in Tribunale. Carte e documenti che potrebbero pesare soprattutto per la battaglia attorno alla società “Dicembre”: la figlia di Gianni Agnelli sostiene infatti la nullità (per mancanza degli originali degli atti e delle prove del pagamento) delle tre compravendite con cui la nonna trasferì a John, Lapo e Ginevra le sue quote ereditate alla morte dell’Avvocato e poi con i patti transattivo e successorio stipulati nel 2004 con Margherita che traferì alla madre la sua parte di azioni di “Dicembre”. Se il Tribunale dovesse mai accogliere le tesi della figlia dell’Avvocato, quella decisione avrebbe effetti importanti sul controllo dell’impero Exor.
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