Cultura

Jenny Hval – Iris Silver Mist

Giunta al nono album, Jenny Hval continua la sua contaminazione fra la dimensione artistica tout court e la forma musicale, inanellando un ulteriore tentativo di ibridazione fra le due parti, continuando la sua ricerca verso una musica possibile, sottofondo inalterato che prosegue anche in questo “Iris Silver Mist” e che, al di là di qualsiasi esito, attira sempre piacevolmente l’attenzione verso qualsiasi cosa produca l’artista norvegese.

Credit: Jenny Berger Myhre

L’ispirazione qui prende spunto da una nota fragranza, un profumo evidentemente inebriante che emette e confonde le idee, come se la nebbia del caos primordiale fosse sostituita dal piacere sensoriale di qualcosa comunque vaporoso, a tinte poco visibili, ma percettivamente stimolante; e appunto in questa eterea ed inconsistente bolla speciale, nascono le riflessione dells Hval, al solito legate alla dimensione dell’artista, alla nascita del processo creativo e alla messa in dubbio stessa dell’esistenza di un processo creativo, in una forma di liquida rassegnazione all’indeterminazione dei gesti, che solo nella loro esplicazione trovano la materialità della loro parvenza.

Creare per dire di avere creato, una sorta di vivisezione dell’ispirazione che qui si esemplifica con una diversificazione di generi al solito notevole, fra soffusi echi jazz, pattern elettronici, qualche incursione nel dancefloor, ballate che sarebbero piaciute al primo Gabriel ;come al solito e per fortuna, assoluta liberta compositiva, con la Hval che con la sua originale voce tenta di allacciare la stratificazione dell’album, a volte riuscendovi, a volte un pò meno, ma è come se fosse nella natura stessa di questo art rock l’imprevedibilità, un risultato del tutto in coerenza col messaggio dell’artista, che alla fine sa molto di artigianato artistico, quasi che la sua godibilità non fosse così prioritaria.


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