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Jennifer Lawrence: «Con Robert Pattinson non ho avuto bisogno di un intimacy coordinator, non è un pervertito. E ho rifiutato che mi ritoccassero la cellulite»

C’è un famoso dialogo recitato da Stefano Accorsi nel film Santa Maradona (2001) che fa più o meno così: «Quale crede che sia il suo maggior pregio? La sincerità. E il suo principale difetto? La sincerità». Un adagio che si abbina perfettamente al ritorno di Jennifer Lawrence con Die My Love sugli schermi, e nel girone infernale delle interviste promozionali. A descrivere la sua nuova attitudine ci ha pensato da sola, commentando al New York Times: «Sono anche cresciuta. E sì, sono molto più nervosa per quello che dico in pubblico. Non voglio rilasciare un’intervista che sia un mucchio di frasi ad effetto e un’insalata di parole. Non credo sia interessante e sembrerebbe così poco autentica e non in linea con quello che sono qui per fare. Quindi sto cercando di trovare questo equilibrio».

L’attrice non ci sta a esprimersi con quell’affettazione tipica dello star system americano in cui tutto è “straordinario” e la parola d’ordine è cercare di essere il più concilianti possibile. Ne ha dato prova nell’ospitata al podcast Las Culturistas dove ha detto apertamente di non aver avuto bisogno di un intimacy coordinator sul set, semplicemente perché Robert Pattinson «non è un pervertito» e di aver quasi insultato chi le ha proposto un fotoritocco alla cellulite in post produzione. La nuova Jennifer Lawrence è unhinged (nel senso più TikTok del termine) e ci piace.

Jennifer Lawrence e la maternità sincera

Nel film diretto da Lynne Ramsay, Jennifer Lawrence interpreta una donna che sprofonda nella psicosi dopo la nascita del figlio, mentre Robert Pattinson, nei panni del marito, si rivela sempre meno capace di starle accanto. Fin dalla conferenza stampa di presentazione del film al Festival di Cannes 2025, Jennifer Lawrence non si è tirata indietro nell’esprimersi sul tema, paragonando l’esperienza della protagonista alla sua, in quanto genitore di due figli: «Come madre, è stato davvero difficile distinguere ciò che avrei fatto io da ciò che avrebbe fatto lei. Ed è stato davvero straziante. Avevo appena avuto il mio primogenito, e non c’è niente di paragonabile al post-partum. È estremamente isolante, il che è molto interessante. Quando Lynne si trasferisce con questa coppia nel Montana, non ha una comunità. Non ha la sua gente. Ma la verità è che l’ansia e la depressione estreme isolano, ovunque ti trovi. Ti senti un alieno».


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