J. Safra Sarasin: “Il contesto globale rimane favorevole per il reddito fisso”
La forte incertezza politica negli Stati Uniti ha aggravato il deterioramento delle prospettive economiche globali, in particolare dopo l’annuncio dei dazi “reciproci” da parte del presidente Trump il 2 aprile. La loro giustificazione arbitraria è stata interpretata come un segno della mancanza di una strategia economica e finanziaria coerente in un momento in cui i timori per il deficit e l’inflazione erano già elevati. Di conseguenza, i rendimenti reali a lungo termine dei titoli di Stato sono aumentati a livello globale, riflettendo premi per il rischio più elevati, in un momento in cui la crescita globale rischia di rallentare ulteriormente in modo significativo. Inoltre, i prezzi delle materie prime si sono indeboliti in previsione di un rallentamento della domanda e il dollaro si è notevolmente indebolito a seguito della rotazione degli investitori globali che hanno abbandonato in modo più generalizzato gli asset denominati in dollari. Ciò suggerisce anche una pressione disinflazionistica per il continente europeo, in particolare. Gli attuali minimi dei tassi di politica monetaria scontati dal mercato, ad eccezione della Svizzera, sono ancora vicini a quelli considerati neutrali e quindi non scontano una significativa debolezza economica. In sintesi, riteniamo che il contesto globale per il reddito fisso rimanga favorevole, poiché le banche centrali avranno margine per allentare ulteriormente la politica monetaria nella seconda metà del 2025.
Sebbene le dinamiche economiche nell’area euro continuino a essere deboli, non hanno subito un ulteriore deterioramento. I PMI dell’area euro sono ancora vicini alla contrazione, anche se ultimamente hanno mostrato alcuni segnali di miglioramento. Inoltre, è significativo il passaggio a una maggiore spesa fiscale, soprattutto nei settori della difesa e delle infrastrutture. Sebbene la maggior parte degli effetti positivi si farà sentire solo a partire dal 2026, dovrebbe trattarsi di un fattore netto positivo per la crescita. Detto questo, l’area dell’euro nel suo complesso dipende fortemente dal commercio globale e risentirà probabilmente degli effetti negativi delle iniziative dell’amministrazione Trump volte a riportare la produzione manifatturiera negli Stati Uniti. La debolezza dei prezzi delle materie prime, e in particolare del dollaro statunitense, eserciterà pressioni disinflazionistiche sull’area dell’euro. La BCE ha quindi margine per abbassare ulteriormente i tassi di riferimento. Prevediamo altri tre tagli quest’anno, fino all’1,5%, che dovrebbero consentire un ulteriore calo dei rendimenti obbligazionari.
Sebbene i dati economici statunitensi continuino ad apparire relativamente solidi, si osserva una perdita di slancio economico. Gli indicatori del sentiment sono calati in modo significativo a causa del persistere di un elevato grado di incertezza politica. L’introduzione dei dazi ha dato luogo a un’ondata di front-running che probabilmente sovrastima l’attuale stato di salute dell’economia statunitense. Pertanto, nei prossimi mesi ci aspettiamo che i dati evidenzino un indebolimento più significativo dell’economia statunitense. Sebbene la Fed sia ancora molto riluttante a tagliare i tassi di riferimento in modo preventivo, un mercato del lavoro più debole finirà per costringerla a ridurre i tassi nella seconda metà dell’anno, consentendo un calo dei rendimenti e un accentuarsi della curva dei rendimenti. Il fatto che l’attuale amministrazione non sembri avere una strategia credibile e coerente per contenere i deficit eccessivi continua a rappresentare un rischio di fondo. Tuttavia, la parte intermedia della curva dei rendimenti del dollaro USA appare interessante. In definitiva, il livello assoluto dei rendimenti è il principale motore dei rendimenti totali a medio termine.
Contrariamente all’area euro, il Regno Unito ha poco margine di manovra per ulteriori spesa. Il governo laburista deve fare i conti con rigidi vincoli di bilancio imposti da un mercato obbligazionario interno poco propenso a ulteriori emissioni di titoli. I rendimenti reali a lungo termine sono aumentati in modo sostanziale negli ultimi mesi, principalmente a causa dei premi per il rischio più elevati. La dinamica economica del Regno Unito è peggiorata negli ultimi mesi e il percorso atteso per i tassi di politica monetaria rimane al di sopra della nostra stima del tasso neutrale. Di conseguenza, riteniamo che i tassi del Regno Unito siano troppo elevati. Detto questo, osserviamo che il mercato dei tassi della sterlina ha iniziato a sovraperformare negli ultimi tempi, suggerendo che il necessario riprezzamento potrebbe essere in corso.
I rendimenti obbligazionari a lungo termine sembrano più vicini al fair value, anche se quelli in sterline sono probabilmente ancora troppo elevati. Vediamo un certo margine di ribasso per i rendimenti obbligazionari, in particolare sulle scadenze intermedie nei prossimi 6-12 mesi, poiché le curve dei rendimenti dovrebbero inclinarsi ulteriormente. Riteniamo che i segmenti a lungo termine di tutte le curve dei rendimenti (> 10 anni) siano ancora troppo rischiosi e preferiamo le scadenze intermedie (da 5 a 7 anni): (1) beneficiano di curve più ripide; (2) hanno una duration sufficiente per trarre vantaggio dai rendimenti intermedi più bassi; (3) hanno un carry sufficiente per fornire un cuscinetto contro movimenti sfavorevoli dei tassi.
Sebbene i premi per il rischio di credito in tutte le sottoclassi di attività a reddito fisso si siano ampliati negli ultimi mesi, sono ancora per lo più inferiori alle medie storiche. Le valutazioni non sono quindi allettanti e i rischi di un ampliamento degli spread sono in aumento. Detto questo, il nostro scenario di base prevede un atterraggio morbido. Non è quindi giustificato un sottopeso strutturale nel credito. Pertanto, manteniamo per ora la nostra valutazione neutrale sul credito.
*Fixed Income Strategist di J. Safra Sarasin
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