Mondo

Italia–India e un Rinascimento industriale nel cuore dell’Indo-Mediterraneo

L’Italia ha finalmente trovato nel cuore dell’Asia un partner all’altezza della sua ambizione industriale e geopolitica: l’India. E non è solo una questione di diplomazia economica. Il bilaterale tra il ministro Piyush Goyal e il vicepremier Antonio Tajani, tenutosi il 4 e 5 giugno a Brescia, è stato solo il più recente — e simbolico — atto di un processo più profondo: una convergenza strategica tra Roma e Nuova Delhi.

Tra i risultati più promettenti emersi dalla sessione della Commissione Economica Congiunta, spicca l’annuncio di Goyal sulla creazione di un’enclave manifatturiera italiana in India, dedicata esclusivamente alle PMI del nostro Paese. Un’area industriale con servizi logistici, legali e digitali centralizzati, che abbatterà le barriere d’ingresso per il tessuto produttivo italiano, permettendogli di produrre direttamente in uno dei mercati più dinamici del mondo.

Ma perché proprio ora? E perché proprio l’India?

La risposta è semplice: l’India è oggi la quarta economia mondiale, superando Germania e Giappone, con una traiettoria che la porterà — secondo stime FMI — al terzo posto già entro il 2027. Non è più un Paese emergente, ma una superpotenza industriale, tecnologica e demografica giovane. Il tutto in un momento in cui l’Italia cerca nuove alleanze strategiche fuori dall’orbita atlantica, ma compatibili con i suoi valori e i suoi interessi produttivi.

Nel contesto attuale, segnato da guerre nel Mar Rosso, instabilità in Medio Oriente, tensioni nel Sahel e conflitti a bassa intensità nel Mediterraneo orientale, solo un asse indo-italiano può offrire una piattaforma credibile di stabilità e sviluppo nel bacino indo-mediterraneo. Non si tratta più di scegliere tra Est e Ovest, ma di creare un Sud globale intelligente e produttivo, dove la manifattura italiana si fonde con la scala e la velocità indiana.

Proprio in questa chiave, e necessario anche la creazione di un corridoio marittimo dedicato Italia–India, una sorta di autostrada blu per merci ad alto valore aggiunto — meccanica, semiconduttori, energia verde, robotica — con tempi e costi ridotti rispetto ai tradizionali circuiti logistici. Non è solo un’infrastruttura, ma un ponte commerciale e strategico, potenzialmente integrabile nel più ampio progetto IMEC (India–Middle East–Europe Corridor), già sostenuto da Bruxelles e da Washington.

Sul piano tecnologico, i numeri parlano chiaro: l’India ha lanciato un piano da 9 miliardi di dollari per sviluppare la propria industria dei semiconduttori, ha attratto giganti come Tata, Micron e AMD, e vanta oltre 3.600 startup deep tech attive in AI, clean tech, fotonica e stampa 3D. È qui che le eccellenze italiane — dalla robotica lombarda alla componentistica emiliana — possono trovare una seconda giovinezza.

Il Business Forum di Brescia, che ha visto l’incontro tra oltre 90 aziende italiane e indiane, ha confermato l’enorme appetito reciproco: non solo commercio, ma co-produzione, scambio di competenze, e internazionalizzazione guidata. Tajani ha parlato di supercalcolo e spazio come nuove frontiere comuni; Goyal ha chiesto più “deep innovation” e meno “app da weekend”. Una visione che guarda al 2030, non al trimestre.

L’enclave industriale in India e il futuro corridoio marittimo rappresentano non solo strumenti

operativi, ma simboli di una nuova postura strategica italiana: non più periferia d’Europa, ma ponte tra Occidente e Indo-Pacifico.

Il futuro è multipolare. E l’Italia, con l’India al fianco, ha l’occasione di esserne protagonista.


Source link

articoli Correlati

Back to top button
Translate »